Case 'fantasma', usura e mafia| Il 're delle truffe' parla con i pm - Live Sicilia

Case ‘fantasma’, usura e mafia| Il ‘re delle truffe’ parla con i pm

Il Palazzo di giustizia di Palermo

I racconti di un immobiliarista si incrociano con quelli dell'ex direttore di sala del Massimo.

PALERMO – Da principe delle truffe a dichiarante. È una storia giudiziaria fatta di scatole cinesi, che inizia dalle vendite fantasma di immobili – come faceva il principe della risata, Totò, con la fontana di Trevi – e finisce tra i mafiosi del mandamento palermitano di Santa Maria di Gesù.

Il protagonista è Giorgio Girgenti, 46 anni, immobiliarista e intermediario finanziario, le cui dichiarazioni si incrociano con quelle di Alfredo Giordano, direttore di sala del Teatro Massimo di Palermo, arrestato per mafia e sospeso dalla Fondazione. “Mi pento di quello che ho fatto”, ha detto alcune settimane fa Giordano. Tra i fatti raccontati ai pm c’è la vicenda dei mafiosi che cercavano in tutti i modi di rimettere le mani sui alcuni gestiti dal Tribunale. Per “un anno” intero Girgenti, avrebbe dato appuntamento a Santi Pullarà e Gaetano Di Marco, arrestati in un blitz antimafia, nei corridoi del Palazzo di giustizia di Palermo. “Girgenti… non lo se se millantava o diceva sul serio”, ma sosteneva di avere amicizie importanti in Tribunale.

Le dichiarazioni di Giordano sono successive di alcuni mesi rispetto a quelle di Girgenti che accusa l’ex direttore del teatro Massimo di avergli prestato dei soldi a tassi usurari. La prima volta sarebbe accaduto nel 2012. A fronte degli 8 mila euro ottenuti gliene avrebbe restituito 12 mila dopo appena una settimana. Successivamente, per soddisfare le continue richieste di denaro di Girgenti, Giordano avrebbe coinvolto due colleghi del Teatro Massimo. In cambio di un prestito da 30 mila euro Girgenti ha raccontato di avere dovuto dare in garanzia tre assegni per 60 mila euro. I trentamila euro di interessi sarebbero poi schizzati a 50 mila, coperti sempre con un assegno.

Ed è ora che Girgenti colloca l’inizio dei suoi guai, aprendo la prima scatola investigativa. Giordano avrebbe violato il patto, mettendo subito all’incasso l’assegno che non ebbe copertura bancaria. L’ex direttore di sala si sarebbe giustificato sostenendo che per restituire i soldi ai colleghi del teatro si era dovuto rivolgere ad “ambienti criminali”. Dagli stessi “ambienti criminali” sarebbe partita la convocazione per Girgenti che si trovò a discutere con Mariano Marchese, Carmelo La Ciura, Francesco e Gaetano Di Marco. Sono stati tutti arrestati con l’accusa di avere fatto parte del clan di Santa Maria di Gesù. Tutti tranne La Ciura, originario di Monreale. L’incontro sarebbe avvenuto nella rivendita di marmi dei Di Marco, base operativa per i summit dei boss. Girgenti, però, avrebbe restituito solo 15 mila euro del debito complessivo. Il prestito ad usura sarebbe stato mascherato. Doveva sembrare un pagamento in favore dell’impresa dei Di Marco.

E qui si apre la seconda scatola: in realtà si trattava di una fattura falsa per la fornitura inesistente di marmi da piazzare nelle proprietà del Barone La Lumia. Girgenti, infatti, è stato procuratore del patrimonio del nobile Ferdinando La Lumia che, così racconta lo stesso Girgenti, lo nominò per gestire la sua pessima situazione economica. Aveva un’esposizione debitoria da 46 miliardi di vecchie lire. Nel racconto di Girgenti ha inizio un vorticoso giro di compravendite di immobili. Le cose però non andarono per il verso giusto tanto da costringerlo a rivolgersi a Giordano per i prestiti ad usura. Sono gli stessi prestiti per i quali Girgenti fu convocato nella marmeria. Ebbe paura e restituì 15 mila euro.

Ed ecco la terza scatola: Di Marco avrebbe chiesto una mano a Girgenti per tentare di sistemare una pratica gestita dalla sezione fallimentare del Tribunale che aveva messo all’asta un immobile e un box comprati da Di Marco da un costruttore dichiarato fallito. Girgenti, però, dice di non avere commesso alcun illecito. Avrebbe percorso canali ufficiali, senza per altro risolvere la faccenda. Tutte le sue dichiarazioni sono ora al vaglio del sostituto procuratore Sergio Demontis e fanno parte dell’inchiesta denominata Brasca. Stessa cosa per quelle di Giordano.

Di ufficiale e soprattutto legale, invece, nulla c’è nella tante truffe contestate a Girgenti per il quale il pubblico ministero Claudia Ferrari ha di recente chiesto il rinvio a giudizio. L’ultima scatola della vicenda giudiziaria è piena dei presunti raggiri di Girgenti che sarebbe riuscito a truffare una serie di clienti, tra cui stimati e conosciuti professionisti. Ci hanno rimesso cifre a cinque zeri, ma hanno deciso di ingoiare il rospo senza neppure fare una denuncia. Chissà perché.

Girgenti avrebbe promesso in vendita fantomatici immobili di pregio a prezzi vantaggiosi. Una volta incassato l’anticipo dagli acquirenti, però, sarebbe sparito nel nulla. Le presunte truffe per oltre un milione di euro riguardano una dozzina di immobili, ma potrebbero essere molti di più. Per gabbare i clienti Girgenti, che sotto inchiesta c’è già finito altre volte, avrebbe anche falsificato i documenti del Tribunale con cui venivano fissate le vendita all’asta degli immobili. Resta da capire se i mafiosi di Santa Maria di Gesù e Monreale si siano serviti delle abilità di Girgenti per altri affari illeciti. E cos’altro abbai aggiunto l’immobiliarista nelle sue dichiarazioni ai pm.


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