CATANIA. La Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza della seconda Corte d’appello di Catania che il 21 aprile del 2022 ha condannato l’ex deputato regionale ed ex sindaco di Aci Catena, Raffaele ‘Pippo’ Nicotra, a quattro anni e otto mesi di reclusione per concorso esterno all’associazione mafiosa e lo ha assolto dal reato di tentativo di estorsione.
La conndanna in primo grado
In primo grado il gup gli aveva inflitto sette anni e quattro mesi di reclusione per entrambi i reati, assolvendolo dalla corruzione elettorale come chiesto allora anche dalla Procura. Nicotra, 68 anni, era stato arrestato il 10 ottobre 2018 dai carabinieri nell’ambito dell’operazione ‘Aquilia’ della Dda della Procura di Catania e poi posto ai domiciliari.
Secondo l’accusa avrebbe pagato 50mila euro per avere l’appoggio del clan Sciuto, legato alla ‘famiglia’ Santapaola-Ercolano, alle elezioni per le Regionali in Sicilia del 2008 e 50 euro a voto per la competizione successiva, nel 2012, all’ Ars. Inoltre, grazie al suo ruolo di imprenditore titolare di numerosi supermercati, avrebbe favorito economicamente il clan. Nicotra, assistito dai legali Giovanni Grasso e Orazio Consolo che avevano appellato la sentenza, si è sempre proclamato innocente.
La soddisfazione dei legali
In una nota, i legali di Raffaele Giuseppe Nicotra, il professore. Giovanni Grasso e gli avvocati Leo Mercurio e Orazio Consolo, esprimono “grande soddisfazione per la decisione della Corte di Cassazione con cui è stata annullata la sentenza di condanna per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Catania”.
“Nel ricorso per Cassazione – prosegue la nota – la difesa aveva segnalato i numerosi errori di diritto, le plurime contraddizioni e le critiche motivazionali di cui era affetta la sentenza della Corte d’appello di Catania . La difesa prende atto, con soddisfazione, che i motivi di ricorso hanno trovato l’accoglimento della Corte Suprema ed è fiduciosa che il successivo grado di giudizio potrà dimostrare la piena innocenza del proprio assistito, vittima delle intimidazioni estorsive del clan Santapaola, come è documentato da numerosi provvedimenti dell’Autorità giudiziaria catanese di cui, ingiustamente, non si era tenuto conto nelle due sentenze di condanna”.