Castelvetrano e quelle dimissioni dei consiglieri "pilotate" - Live Sicilia

Castelvetrano e quelle dimissioni dei consiglieri “pilotate”

La deposizione di un sottufficiale dei carabinieri per ricostruire gli interessi dell'ex deputato Lo Sciuto
PROCESSO ARTEMISIA
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TRAPANI – Una sorta di antimafia recitata. Lo scioglimento del consiglio comunale di Castelvetrano nel 2016, a seguito delle dimissioni della maggioranza dei componenti, non fu un atto per stigmatizzare il comportamento del consigliere comunale Lillo Giambalvo, intercettato a parlare bene, molto bene, dei mafiosi Messina Denaro, ma semmai il tentativo di far proseguire senza tanti intoppi l’attività della Giunta all’epoca guidata dal sindaco Felice Errante ma nella sostanza nelle mani dell’allora deputato regionale Giovanni Lo Sciuto. Questo quanto emerso oggi dalla deposizione dinanzi al Tribunale di Trapani, presieduto dal giudice Franco Messina, del maresciallo Giuseppe Tranchida, tra gli investigatori del Reparto operativo del Comando provinciale dei carabinieri di Trapani, che si occuparono dell’indagine denominata Artemisia, e che vede tra i maggiori imputati proprio l’ex deputato Giovanni Lo Sciuto.

Il dibattimento

Tranchida rispondendo alle domande dei pm Francesca Urbani e Sara Morri, ha ricostruito attraverso una sintesi delle intercettazioni, quel periodo parecchio travagliato per l’amministrazione comunale castelvetranese. Giambalvo era stato arrestato e poi assolto, sospeso dall’incarico consiliare, successivamente tornava ad insediarsi, sollevando però un vespaio di polemiche, tanto da attirare l’attenzione della stampa nazionale. La preoccupazione di Lo Sciuto, secondo la deposizione dell’investigatore, era quella che poteva scatenarsi una tempesta politica, tanto da travolgere l’intera amministrazione comunale. Un periodo questo durante il quale lo stesso Lo Sciuto avrebbe appreso di indagini che lo riguardavano.

Le dimissioni di massa

Venne così svolta un’attività politica per indurre alle dimissioni la maggioranza dei consiglieri comunali, quasi questa fosse la risposta a chi sosteneva l’esistenza di collusioni politiche con mafia e massoneria. A capo di questa iniziativa proprio Lo Sciuto, assieme all’allora sindaco Errante e al vice sindaco Chiofalo, anche loro imputati come Lo Sciuto nel processo oggi in corso, dove le imputazioni vanno dalla corruzione all’appartenenza a logge segrete della massoneria. Tranchida ha indicato le intercettazioni dalle quali è venuto fuori il dato che quelle dimissioni servivano a consentire all’amministrazione guidata dal sindaco Errante ad andare avanti.

“Sacrificare i consiglieri”

“Sacrificare i consiglieri” per evitare che ad essere sciolti fosse l’intera amministrazione, “non dobbiamo correre il rischio – così i carabinieri hanno sentito dire dalle intercettazioni – che venga azzerato tutto”. Pensieri vani, perché pochi mesi dopo, a ridosso del rinnovo elettorale cadenzato per la primavera del 2017, sarebbe giunto lo scioglimento per inquinamento mafioso degli organi istituzionali del Comune di Castelvetrano, e annullato quel voto al quale Lo Sciuto “si era preparato per poter vincere, sostenendo la candidatura di Luciano Perricone” ha evidenziato ancora il maresciallo Tranchida.

La testimonianza di Tranchida

Perricone è un altro degli imputati nel processo. La testimonianza del maresciallo Tranchida ha anche riguardato le ingerenze dell’ex deputato regionale Lo Sciuto all’interno dell’Asp di Trapani. L’allora direttore generale Fabrizio De Nicola sarebbe stato oggetto di una tentata estorsione condotta da Lo Sciuto attraverso un suo fidato collaboratore, il commercialista Gaspare Magro, “un appartenente alla massoneria e finanziatore delle campagne elettorali a favore dell’ex deputato” ha sottolineato il sottufficiale dell’Arma. Lo Sciuto era riuscito nel far nominare Magro quale componenti del collegio dei sindaci dell’azienda sanitaria, “una nomina – ha dichiarato l’investigatore – per mettere dentro l’Asp uomini di sua fiducia per fare pressioni nei confronti del direttore generale De Nicola “e cercare di tenerlo sotto controllo”.

La fuga di notizie

La testimonianza del maresciallo Tranchida ha toccato anche un altro aspetto: la fuga di notizie attraverso la quale Lo Sciuto seppe di indagini della Procura di Palermo condotte nei suoi confronti. Tranchida ha indicato nel poliziotto Salvatore Giacobbe, anche lui imputato nel processo in corso dinanzi ai giudici trapanesi, la persona che fece sapere al politico delle inchieste che lo stavano riguardando, notizia che indusse Lo Sciuto ad atteggiamenti maggiormente guardinghi, ma sarebbe stato convinto che le coperture istituzionali delle quali godeva, come quella dell’allora ministro degli Interni Angelino Alfano, lo avrebbero in qualche modo protetto.


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