Catania, applausi per il gala lirico "Bellini e Doninzetti"

Catania, applausi per il gala lirico “Bellini e Donizetti”

Omaggio a due eccelsi artisti che indicarono la strada maestra da seguire a Giuseppe Verdi.
BELLINI INTERNATIONAL CONTEXT
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CATANIA. Tra i vari filoni che convergono nel programma del Bellini International Context –  concepito come articolato “contesto” culturale dagli ampi orizzonti – un’attenzione specifica  è rivolta al rapporto del Cigno catanese con i compositori a lui coevi. Una verifica ‘sul campo’, giocata attraverso soirée musicali di altissimo livello. Lo conferma lo straordinario consenso riscosso dal gala lirico “Bellini & Donizetti: 1827 – 1835”, che si è tenuto al Teatro Massimo Bellini. L’Orchestra e il Coro dell’ente lirico etneo erano guidati  da un direttore di chiara fama come Antonino Fogliani, mentre il coro era sapientemente istruito dal  maestro Luigi Petrozziello. Alla ribalta due stelle della lirica quali il  soprano  Pretty Yende e il tenore Stefan Pop, benianimi delle platee liriche di tutto il mondo, che hanno infiammato il pubblico che occupava ogni ordine di posto nell splendida sala del Sada.

Si è trattato insomma di un successo annunciato, giunto a coronamento di uno dei concerti più  attesi del festival promosso e organizzato dalla Regione Siciliana in  partnership con importanti istituzioni artistiche e culturali dell’isola. Nel caso di questo gran gala lirico il partner di riferimento era la Fondazione Taormina Arte Sicilia,  di cui ricorrono j quarabt’anni dall’istituzione. 

E veniamo all’intreccio della locandina, che alternava brani del Catanese e del Bergamasco. Di Vincenzo Bellini erano in programma pagine da I Puritani (Introduzione e coro “All’erta, all’erta … a festa, a festa” e la scena della pazzia di Elvira “O rendetemi la speme… Qui la voce sua soave…Vien diletto”),  I Capuleti e i Montecchi (la romanza di Giulietta “Oh quante volte, oh quante”), Norma (la cavatina di Pollione “Meco all’altar di Venere … Me protegge, me difende”); una chicca era poi la giovanile Sinfonia in Do minore. 
Di Gaetano Donizetti  non poteva mancare, da  L’elisir d’amore, l’aria di Nemorino “Una furtiva lagrima”, mentre da Maria Stuarda  verrà  eseguito il coro “Vedeste?Vedemmo! Oh truce apparato”. A questi brani si aggiungevano celeberrimi numeri  della partitura di Lucia di Lammermoor (il coro “D’immenso giubilo”, la scena e aria della pazzia di Lucia “Ardon gl’incensi”, l’aria di Edgardo “Tombe degli avi miei..Tu che a Dio spiegasti l’ali”, fino al  duetto “Lucia perdona … Verranno a te sull’aure”). Alle magistrali prove delle formazioni orchestrale e corale, guidate con maestria e aderenza stilistica dal maestro  Fogliani, corrispondeva la sapienza belcantistica di soprano e tenore, voci importanti per volume ed estensione quanto agguerrite sul versante virtuosistico, e perciò in grado di riproporre con assoluta  a padronanza arie di ardua esecuzione.  
Si comprende quindi  il gradimento degli spettatori per un soirée musicale  in cui emergevano affinità e peculiarità distintive tra il Catanese e il Bergamasco. 

Vincenzo Bellini (1801-1835) e Gaetano Donizetti (1797-1848) vissero e operarono infatti nello stesso milieu artistico e culturale, più o meno nello stesso periodo storico e sempre nel medesimo settore, quello – manco a dirlo  – dei compositori d’opera. Purtroppo il siciliano morì giovanissimo a trentaquattro anni non ancora compiuti, lasciandoci solo dieci titoli, mentre il lombardo ebbe la ventura di vivere fino a cinquantuno dopo aver creato ben settanta melodrammi, fra buffi e seri. Ma la diversità nella quantità di produzione fu dovuta anche al loro differente metodo di lavoro. Più lento, pacato e razionale quello di Bellini, più impulsivo, veloce e immediato quello di Donizetti. A tal proposito, così scriveva quest’ultimo  in una lettera del 1844 al librettista catanese Giacomo Sacchero: “Sai la mia divisa? Presto! Può essere biasimevole, ma quello che feci di buono, è stato sempre fatto troppo presto; e molte volte il rimprovero di trascurataggine cadde su ciò che più tempo aveami costato”. 

Al contrario Bellini in una missiva ad Agostino Gallo del 1832 (ricopiata dal Cicconetti ma il cui autografo è andato perduto) così annota: “Poiché io mi son proposto di scrivere pochi spartiti, non più che uno l’anno, ci adopro tutte le forze dell’ingegno…studio attentamente il carattere dei personaggi, le passioni che li predominano, e i sentimenti che esprimono…”.
Tuttavia entrambi sono stati catalogati dalla storiografia come musicisti romantici, anche se il catanese con elevata propensione all’elegia e all’idillio, il bergamasco con un’intensa inclinazione all’angoscia e all’afflizione. Anche le personalità dei due musicisti erano diverse. Più prodigo e generoso Donizetti nei suoi giudizi, più defilato e guardingo Bellini, pur se è doveroso annotare che tale atteggiamento fu probabilmente dovuto alla paura di venire silurato e messo in ombra o anche di rimanere a corto di denari e dover ritornare in Sicilia a concludere la sua vita come un oscuro “maestro di cappella”. Donizetti in ogni caso ebbe sempre parole di apprezzamento e stima, purtroppo  non pienamente contraccambiate, nei confronti di Bellini, come risulta dalla lettera al maestro Rebotti da Milano del 31 dicembre 1831: “L’unico avvenimento musicale di straordinaria importanza è stato quello delle rappresentazioni della Norma del giovane maestro Vincenzo Bellini… A me tutto lo spartito della Norma piace moltissimo e da quattro sere vado a teatro per risentire l’opera di Bellini fino all’ultima scena”.

Con questo concerto, il Bellini International Context ha reso omaggio a due eccelsi artisti che con la loro feconda e fulgida creatività indicheranno la strada maestra da seguire a Giuseppe Verdi.


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