CATANIA. Il trionfo olimpico della scherma catanese non nasce per caso. Non è frutto di improvvisazione. E nemmeno il tocco fortunato del fato.
Da Rossella Fiammingo a Daniele Garozzo: da Catania ad Acireale. Una manciata di chilometri che racchiudono in sé una vera e propria scuola che in questi anni si è fatta largo in un panorama italiano dove a comandare c’erano quasi sempre gli atleti del nord. Sacrificio e lavoro che oggi graffiano l’epopea in una Olimpiade di Rio che consegna alla storia dello sport italiano l’impresa dei due ragazzi cresciuti alle falde dell’Etna con l’impugnatura salda del sogno a cinque cerchi.
Ma non nasce nulla per caso. Se oggi Catania e la sua provincia diventano il capitale italiana della scherma è anche perché c’è chi ci ha visto lungo. C’è chi ci ha visto oltre e lavorato fino in fondo. Come il presidente della federazione regionale di Scherma, il catanese Sebastiano Manzoni, che di questa scuola è stato (ed è) il riferimento assoluto. Un merito riconosciuto da tutto il movimento: e che oggi si traduce nella bellezza e nella robusta conquista di un oro ed un argento. Ed a distanza di cinque anni, non va dimenticato che proprio Catania nell’ottobre del 2011 ospitò i campionati mondiali di scherma: ecco perché, nulla arriva oggi per caso.
“Quelli della Fiamingo e di Garozzo sono risultati straordinari: le Olimpiadi sono la sintesi di un lavoro svolto da tutti. E queste medaglie sono un riconoscimento per tante persone”, dice Sergio Parisi (altro catanese) vice-presidente del Coni Sicilia. “Quello della Scherma – prosegue – è un risultato assoluto che vede il presidente Manzoni da anni in prima linea. E si tratta di risultati straordinari se paragonati a come è trattato lo sport in Sicilia: alludo ai pochi fondi destinati ed alle infrastrutture. Spero che queste emozioni vengano portati sul terreno della concretezza quando si tratterà di di dare supporto allo sport siciliano”.