Catania, i clan e 20 milioni da contrabbando di petrolio - Live Sicilia

I clan e il contrabbando: per l’accusa, 20 mln da attività illecite

La confisca dei beni di un imprenditore del settore petrolifero: la "pericolosità sociale" e i contatti con i Mazzei

CATANIA – Un patrimonio da 20 milioni di euro. Tre immobili, tra cui una villa a Giardini Naxos; sei imprese, di cui quattro nel settore dei carburanti e del petrolio; una moto, denaro contante, gioielli. È la confisca di beni appartenuti o nella disponibilità di Sergio Leonardi, imprenditore nel settore dei prodotti petroliferi di 44 anni, destinatario delle misure di prevenzione del Tribunale di Catania per i suoi presunti contatti con il clan mafioso Mazzei. Oltre alla confisca, Leonardi è stato sottoposto a due anni di sorveglianza, con obbligo di soggiorno nel comune di residenza.

Il provvedimento di confisca

Il sequestro e la confisca di beni arrivano alla fine di indagini della Guardia di Finanza, coordinate dalla Procura. Secondo i giudici della sezione Misure di prevenzione, gli investigatori avrebbero dimostrato l’esistenza dei due principali requisiti per applicare le norme sulla confisca di beni, ovvero la “pericolosità sociale” del 44enne e l’acquisto di beni con l’impiego di proventi da attività illecite.

Il traffico di prodotti petroliferi

Da quello che emerge dalla documentazione messa assieme dagli investigatori del Gico della Finanza ad essere esaminato è stato il periodo che va tra il 2007 e il 2017: è in questo lasso di tempo che sarebbero stati compiuti diversi reati reati legati al contrabbando di prodotti petroliferi. In particolare, prendendo parte a uno schema emerso in tutta la Sicilia negli ultimi anni che ruota intorno all’evasione delle imposte dovute sul petrolio e sui suoi derivati.

Le indagini avrebbero rivelato due ricorrenti meccanismi di frode fiscale: “Il primo sistema – si legge nel decreto della sezione Misure di prevenzione – era rappresentato dall’ utilizzo di gasolio agricolo, sottoposto a tassazione agevolata, prelevato da depositi fiscali compiacenti e destinato in realtà ad uso autotrazione di veicoli non agricoli. Il secondo sistema, basato sulla cosiddetta frode carosello, riguardava carburante per autotrazione, commercializzato senza applicazione dell’IVA, sfruttando abusivamente l’esenzione fiscale prevista per gli esportatori abituali mediante l’ interposizione di società cartiere emittenti false dichiarazioni di intento, con correlativo mancato versamento dell’IVA e indebita detrazione dell’imposta da parte delle società destinatarie del prodotto”.

La collaborazione con i clan

Ma, sempre secondo le accuse, si sarebbe preso parte a diversi schemi fraudolenti nella compravendita di petrolio. Ma a determinare la sua “pericolosità sociale” è il fatto che per il periodo preso in esame dagli investigatori Leonardi sarebbe stato contiguo con i clan. Dapprima con gli Sciuto, attraverso lo zio della moglie Biagio Sciuto, all’epoca capo del clan.

Poi, dopo la carcerazione di Sciuto, la collaborazione con i Mazzei. Si legge ancora nel decreto della sezione Misure di prevenzione: “Deve ritenersi pertanto che l’intera storia imprenditoriale del Leonardi si sia svolta grazie ai rapporti stabili e reciprocamente vantaggiosi dallo stesso cercati con la locale criminalità organizzata, dando luogo ad una forma di contiguità pregnante e altamente allarmante che, da un lato, ha favorito l’espansione degli affari del prevenuto, dall’altro, ha consentito a Cosa Nostra di esercitare il controllo sulle attività economiche della zona e di lucrare attraverso le stesse“.

Il patrimonio

Frequentare stabilmente gli uomini del clan e farci affari però non è sufficiente a fare scattare le misure. Gli investigatori devono anche dimostrare che i beni sono acquistati con soldi provenienti da attività illecite, di cui il proprietario, o chi ne ha la disponibilità, non può dimostrare l’acquisto con attività lecite.

In questo caso le indagini fanno perno sull’analisi dei redditi e sulla differenza tra quanto si dichiara e quanto invece si ha in proprio possesso. Dai conti degli investigatori risulta che la famiglia Leonardi dichiara, tra il 2007 e il 2017, un reddito che si aggira intorno ai 25 mila euro. Con due casi eccezionali: nel 2009 dichiara in totale 1075 euro, nel 2012 un euro di reddito.

A fronte di queste cifre, il reddito a disposizione di Leonardi sarebbe sempre maggiore. Ovvero, spende più di quanto guadagni. Una sperequazione che per gli investigatori contribuisce a dimostrare che i soldi con cui Leonardi comprava i suoi immobili e finanziava le sue imprese erano di provenienza illecita.
La parola passa, adesso, alla difesa.


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