Catania, quei volti in Corso Sicilia che ci raccontano l'emergenza sociale

Catania, i volti in Corso Sicilia ci raccontano l’emergenza sociale

Non è (solo) una questione di decoro. Sotto quei portici, storie che ci parlano di solitudine e abbandono.
NON CEDIAMO ALL'INDIFFERENZA
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CATANIA – Quando si finisce col parlarne, la linea tra la compiacente retorica di circostanza e l’atto di denuncia non è più sottile. Il rischio è semplicemente quello di assistere a una reciproca invasione di campo.
Ma la verità è che la questione dei senzatetto diventa un’emergenza di tutti: anche di chi vorrebbe aiutarli. Anzi, detta meglio, di chi vorrebbe fare qualcosa.


Passare per il Corso Sicilia, in passato come oggi, diventa incontrare lo strazio della dura realtà. Fa quasi impressione. Impossibile farci l’abitudine. Sotto i portici, avvolti tra cartoni e coperte di fortuna (perlopiù gentilmente donate) e con abiti che sono poco più che degli stracci, con i volti che raccontano molto della sofferenza nonostante appaia essere tutto normale. E non si tratta solo di immigrati. No, no.

Ogni cosa pare essere abbandonata al proprio destino. Sono scene quotidiane che non riguardano solo la notte bensì il pieno giorno che fa da contraltare alla frenesia della città che lavora.

Non è più mica una questione di decoro. Lo sarebbe, certo: ma non è questo. È un Corso Sicilia che ci parla di solitudine e abbandono. Ben consapevoli che non sono gli sgomberi ad eliminare il problema, andrebbero pensate e accelerate nuove politiche legate alla persona. Si tratta di investimenti che non possono essere delegati solo alla Chiesa o ai volontari. È arrivato il freddo e la questione merita quantomeno di non essere lasciata all’indifferenza.

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