Catania, il ritorno di Fiumefreddo: "Ecco il mio progetto"

Catania, il ritorno di Fiumefreddo: ‘Ecco il mio progetto’

Musumeci e Pogliese nel mirino dell'ex capo di Riscossione Sicilia. A tutto campo.

CATANIA – “Per alcuni è importante la destra, per altri la sinistra. Io ho frequentato il fronte liberale e mi ritengo ancora tale”. Antonio Fiumefreddo si definisce così, ancorando la sua storia a una tradizione politica di tutto rispetto. Un’appartenenza che non gli ha impedito tuttavia di amministrare Catania con il centrodestra, di ricevere incarichi regionali dall’Autonomia e dal centrosinistra a trazione Rosario Crocetta. Salvo poi litigare a turno con tutti loro e scegliere di trascorrere gli ultimi anni nelle retrovie del potere politico. Amato e odiato. “Ho vissuto una solitudine che mi ha temprato: ho pensato a lavorare e a scrivere”, ci dice. A quanto sembra, però, il tempo della cattività è finito. 

Fiumefreddo, so che accarezza l’idea di un campo largo liberale per Catania: di che si tratta?

“Sono perfettamente in linea con quanto dichiarato dal segretario dem, Angelo Villari, al vostro giornale. Ma preferisco parlare di campo largo civico, sebbene sia arrivato il momento riappropriarci di alcune libertà. Il punto è che bisogna dare voce a un’opinione che è sempre più diffusa”. 

Qual è questa opinione?

“C’è una parte della città, quella che può permetterselo, che sta scappando o che manda i figli a vivere fuori. Si tratta ormai di una scelta obbligata, perché qui non ci sono speranze. Gli altri, quelli che non hanno disponibilità, sono costretti a restare”. 

È il vostro modo per affrontare il caso Pogliese?

“Intanto bisogna evitare che la questione scada sul personale. Conosco Pogliese da tempo, ma è arrivato il momento di chiedergli formalmente di dimettersi”. 

A che titolo Antonio Fiumefreddo chiede le dimissioni di un sindaco?

“C’è un’associazione che si chiama Fabbrica, una realtà che nulla ha a che vedere con le singole sigle. Tutte persone animate da un malcontento comune. Bene, da tempo ci stiamo riunendo per costruire un progetto”.

Su quali basi politiche?

“Il punto non è l’essere di destra o di sinistra. Il punto vero sono le emergenze che attraversano questa città. E non hanno colore”.

E lei che ruolo ha?

“Guardi, anche dire portavoce sarebbe fuori luogo. Forse è meglio parlare dell’allenatore di questa squadra”.

Nel calcio di oggi le vere star sono appunto gli allenatori, non trova?

“Visto che me lo chiede, rispondo subito: non sono candidato a nulla”. 

Ma se non è un progetto di stampo elettorale, di che stiamo parlando?

“Invece lo è. Ma io non sarò candidato. Né a sindaco, né a consigliere. A nulla”.

Vero è pure che esistono ruoli e incarichi che non passano necessariamente dalle candidature, giusto?

“Esattamente. Ma io ho già dato. Credo tuttavia che, senza il mio nome sui manifesti, si possa avere maggiore libertà d’azione”.

Per fare cosa?

“Qui c’è un problema più grave: lo stato in cui versa Catania”. 

Chi è il responsabile?

“Le responsabilità sono condivise tra tutti coloro che negli anni si sono alternati alla guida. Un tempo si distingueva tra salotto buono e periferia. E chi diceva di volere risolvere i problemi dalla periferia ha invece reso anche il centro periferico”. 

Salvo Pogliese?

“È l’ultimo nella filiera delle responsabilità”.

Quanto hanno pesato le vicende giudiziarie del sindaco sulla città?

“Ritengo che la legge Severino rappresenti una delle cadute più in basso nella storia del diritto italiano. Ma non chiede le dimissioni di Pogliese sulla scorta di quanto gli è successo nelle aule giudiziarie”.

E perché le chiede?

“Perché non ha un progetto di città, non ha una visione. Non c’è proprio. Catania si aspettava da un giovane sindaco non che risolvesse i problemi, ma che almeno li affrontasse. Non trovo un’idea che sia una”.

Fiumefreddo, nel concreto, che progetto di città può essere sviluppato a partire dal dissesto?

“Il dissesto non può essere la madre di tutte le scuse. Ci sono città che hanno saputo sviluppare per tempo i progetti europei. Pogliese è stato anche europarlamentare e non mi mi risulta che sia andato a Bruxelles a chiudere fondi, ad esempio, per la mobilità”.

Chi sono i compagni di strada della Fabbrica?

“Tutti quelli che accettano un percorso che parta dai progetti, non dai nomi o dalle formule politiche”.

Guardando progetti civici del passato catanese, quale sarebbe la differenza con il cartello di Emiliano Abramo o, prima ancora, dell’economista Maurizio Caserta?

“Non è necessario mettere in campo un progetto di cui non si è mai parlato. Si tratta semmai di fare”.

Intanto il suo vecchio amico/nemico, Raffaele Lombardo, è pronto a tornare in campo. Ci ha pensato?

“Ne ha tutto il diritto. Stiamo attenti, però: io credo che l’utilizzo delle indagini in senso strumentale sia un atto di violenza. Dall’altra, penso che le assoluzioni non esentano nessuno dall’emettere un giudizio politico”.

Qual è il suo giudizio?

“È assolutamente negativo. Catania ha vissuto una stagione nefasta, pur avendo incrociato, in certi momenti, personalità di grandissimo rilievo”.

Fiumefreddo, ma sta parlando di lei?

[Sorride] “Io sono soltanto l’ultimo della lista. Prima di me ci sono stati Roberto Commercio, Gaetano Tafuri, Caterina Chinnici e Massimo Russo”. 

Qual è stato l’errore di Lombardo?

“Mettere tutto assieme, tentando di conciliare l’inconciliabile”. 

Successivamente, lei è stato uno dei consiglieri di Rosario Crocetta. Tant’è che, quando esplose il caso delle presunte intercettazioni sulla Borsellino, lui si rifugiò nel suo studio. Lo ricorda?

“Dal punto di vista umano ho un ricordo chiaro di quella vicenda, ma anche di altre. Direi tuttavia una bugia se le dicessi che Crocetta ascoltava i miei consigli. Mai una volta lo ha fatto”.

Però ha ricevuto da lui un incarico assai importante.

“Io non ho votato Crocetta, per questo gli devo tanta riconoscenza. E devo dire che mi ha concesso una libertà illimitata quando amministravo Riscossione Sicilia. Ma…”

Perché, c’è un ma?

“Crocetta è stato un disastro. Io non credo ai cerchi magici o ai ‘pizzetti magici’, perché alcune personalità sono talmente forti da non ascoltare nessuno. Nel bene come nel male”. 

Si riferisce al ‘pizzetto’ di Nello Musumeci?

“Lui porta delle responsabilità esclusivamente sue, anch’esse disastrose”.

Tornando a Catania, cosa imputa, invece, a Pogliese?

“Un sindaco può inserire uomini, è nella sua disponibilità. Ma farlo senza legarli a un progetto ha portato a una occupazione del potere che non ha precedenti. È un monocolore Pogliese. Ed è anche un monocolore Musumeci”.

Si spieghi meglio.

“La Sanità catanese sta subendo l’attacco più disastroso di sempre. Ne parlo con enorme difficoltà, perché chi se ne sta occupando è un collega che stimo molto. Non credo però alla vulgata di chi vuole Musumeci nella disponibilità dell’assessore alla Sanità. Decide tutto il presidente”.

Sia ancora più chiaro.

“Il Covid ha aperto le maglie: strane assunzioni, strani lavori. Se c’è una magistratura che dovrà fare il suo lavoro, la politica e i cittadini non possono stare a guardare. Stiamo assistendo a una occupazione dei posti a discapito di medici e strutture di altissimo livello”.

Antonio Fiumefreddo torna nei panni del grande accusatore?

“Sono un cittadino come gli altri. Sono un uomo libero. Non sono un accusatore, non mi piace come ruolo. Dico quello che osservo. C’è una Sanità, in questa città, che sta subendo un’occupazione a discapito dei medici che ci lavorano”.

E lei ricondurrebbe tutto ciò a Musumeci?

“Non sono per la responsabilità oggettiva, non mi piace come principio. Ma i direttori sono stati nominati da questo governo”. 

Dove vuole arrivare?

“Vorrei chiedere al presidente Musumeci di abbassare l’indice, un indice sempre perentorio. È un disastro di governo. Mi sfugge la direzione che ha voluto dare alla Sicilia. Ma se uno gli chiede conto, Musumeci lo accusa di essere un traditore o un disertore” 

Lei si sente un disertore?

“Non mi pare di essere arruolato. E ritengo questo modo d’intendere il potere olio di ricino di nuova generazione”. 

Torniamo a Catania, quando sarà la prima uscita della Fabbrica?

“In primavera, quando proporremo dei dossier specifici”.

E il nome del vostro possibile candidato sindaco?

“Mi piacerebbe che fosse giovane e donna. Penso a Donatella Finocchiaro: una laureata in giurisprudenza, un’attrice di primo ordine e una persona che ama Catania”. 

La diretta interessata che ne pensa?

“Mi ha risposto da persona perbene. Mi ha detto che la butterebbero fuori dopo due giorni in quanto rivoluzionaria. Noi di questo abbiamo bisogno. Ma lei non è l’unica”.

Come, non è l’unica?

“Penso a Gianluca Costanzo, giovane imprenditore. Una persona pulita. Penso pure ad Alda Murabito, imprenditrice che ha insegnato in una importante università privata. Una persona di altissimo valore”. 

Troppi nomi. Mi sa che ci vogliono le primarie.

“Guardi, la città non è sprovvista di nomi. E ne potrei fare altri”. 

Antonio Fiumefreddo, mi faccia capire, vuole essere il King maker della Catania del futuro?

“Gli ultimi che sono stati definiti tali hanno combinato disastri. Io vorrei essere meno e fare il mio dovere”. 


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