CATANIA – Una vetrinetta in legno, a due ante. Una di quelle che mettono in bella mostra stoviglie e argenti nel soggiorno di casa. Il tesoro, però, il mobile lo custodiva al suo interno e non all’esterno: 393.285 euro in contatti, divisi in 62 mazzette, riposti in modo ordinato in un cassetto, creato ad arte, mimetizzato tra le rifiniture scolpite nel legno. Era questa la cassaforte del tesoro di Alessandro Bonaccorsi, il trafficante ai vertici del Clan dei Bonaccorsi – Carateddi. Lui, diventato boss, – afferma un collaboratore di giustizia – per stessa indicazione del pluriergastolano e spietato killer Sebastiano Lo Giudice: il suo erede nella gestione delle piazze di spaccio, perchè Bonaccorsi – rifesisce il pentito – ha disponibilità economiche e armi.
Negli atti del processo di primo grado, conclusosi con la condanna di Bonaccorsi a vent’anni per associazione mafiosa e otto anni per la moglie Bruna Strano, sono depositate le foto del “tesoro” del boss, contanti e gioielli che – secondo gli investigatori – erano il frutto dello spaccio di droga e per cui il Gup ne ha disposto la confisca.
E’ Bruna Strano a fornire agli investigatori la “mappa del tesoro”: durante un colloquio con il marito in carcere la donna parla di un nascondiglio. Il 28 luglio del 2010 la Mobile di Catania, con il supporto della scientifica, effettua una perquisizione a casa della coppia e agli occhi degli investigatori non sfugge il cassetto mimetizzato nella vetrinetta del soggiorno, che una volta aperto dagli agenti trasborda di contanti. “Nella parte sommitale destra – si legge nel verbale della polizia – è ricavato un cassetto, al cui interno sono custodite diverse banconote di vario taglio suddivise in mazzette. Una volta estratto il cassetto – scrivono ancora – si osservano all’interno del mobile altre mazzette di banconote, per un totale di sessantadue”. 393.285 euro, quasi 400 mila euro, nascosti in casa: un tesoro sempre a portata di mano per permettere al boss di gestire i suoi affari di droga.
Soldi che sono serviti ad Alessandro Bonaccorsi anche per ingraziarsi i favori di “Ianu Carateddu”. Dall’inchiesta emerge che la sua presenza all’interno del clan non era sempre stata “ben vista”. Nel corso di un processo per rapina aveva fatto i nomi dei suoi complici, comportamento da “sbirro” che causò il suo allontanamento dai Caratteddi. Sarà, proprio – come detto – Sebastiano Lo Giudice a farlo rientrare. Bonaccorsi per ritornare nelle grazie del capomafia, racconta il collaboratore di giustizia Vincenzo Fiorentino, quando fu scarcerato gli regalò un chilo di cocaina e un cavallo da corsa. Un dono per dimostrare la sua totale fedeltà al Clan.
Come ogni tesoro che si rispetti, anche quello del boss, è composto da gioielli e preziosi. 120 pezzi tra collane, anelli, bracciali orecchini e orologi. Nella stessa perquisizione la Squadra Mobile mette in custodia e fotografa i monili: non mancano brillanti e diamanti per le dita della moglie di Alessandro Bonaccorsi, sfavillanti collier e cronografi di ogni dimensione e marca.
I Carateddi sono uno dei clan più potenti, lo dimostrano le inchieste della Dda di Catania e i tanti processi passati in giudicato, la loro forza è data dalle disponibilità finanziarie e dal possesso di armi. Una cosca che gestisce fiorenti piazze di spaccio, “regnanti” quasi indiscussi di San Cristoforo, con giri d’affari di oltre 10 mila euro ogni fine settimana: facendo i conti e ben comprensibile capire a fine mese quanto intasca il gruppo criminale. E il tesoro, confiscato al boss Alessandro Bonaccorsi, (anche se solo al primo grado di giudizio) è solo un piccolo granello rispetto ai fiumi di contante “sporco” ancora nelle mani di una delle cosche più pericolose della mafia catanese.