CATANIA – L’antimafia del fare e non delle celebrazioni. Il trentennale delle stragi non dovrebbe servire solo a ricordare e commemorare. Dovrebbe essere un momento per riflettere su quali sono le battaglie su cui si fatica a vincere. Tra queste la gestione delle aziende sequestrate e confiscate. Realtà quasi predestinate al fallimento per un accesso al credito (quasi) negato. La denuncia arriva da Luciano Modica, amministratore giudiziario di aziende sequestrate dal Tribunale di Catania e tra i protagonisti della rinascita di Geotrans attraverso una cooperativa. “La stragrande maggioranza degli istituti di credito e delle società finanziarie non fanno prestiti ai dipendenti delle società sequestrate e confiscate. Niente cessione del quinto, niente (soprattutto) mutuo per la casa. I dipendenti – commenta Modica – delle società sequestrate e confiscate sono dei paria a cui non si fa credito. In questi giorni tutti fanno grandi discorsi, tutti si vestono di antimafia, ma poi la realtà è questa. Tutta questa sfiducia nei confronti delle aziende sottratte alla mafia diventa una profezia autoavverante. Invece di dare una mano – aggiunge l’amministratore giudiziario – si danno spesso spallate fino a che, colpo dopo colpo, poi le aziende falliscono davvero”.
L’analisi di Modica è una ferita aperta. “Ricevo periodicamente l’amarezza di diversi lavoratori di aziende confiscate a cui è negato qualsiasi tipo di finanziamento. E stiamo parlando di dipendenti con contratto a tempo indeterminato”, spiega l’amministratore giudiziario. Lavorare in un’azienda sequestrata diventa una sorta di lettera scarlatta per gli istituti di credito. “Siamo tutti bravi a parlare di antimafia in questo periodo di commemorazioni, ma ci chiediamo che cosa abbiamo fatto negli altri 365 giorni?”, è l’interrogativo di Modica. “È un fatto davvero grave. E ripeto non sto parlando dell’accesso al credito dell’azienda che risulta quasi impossibile, ma del lavoratore dipendente. Lavorare in un’azienda confiscata diventa discriminante. Se questi lavoratori si sentono trattati in questo modo perché dovrebbero essere felici di lavorare in un’azienda sotto amministrazione giudiziaria. E ricordiamoci che sono loro che mandano avanti l’impresa, perché senza la collaborazione dei dipendenti nessuna realtà sequestrata o confiscata ha un futuro”.
Servono azioni concrete per sovvertire questi pregiudizi finanziari nei confronti di un’azienda che è poi nei fatti amministrata dalle Istituzioni. In teoria dovrebbe essere ancora più sicura visto che è controllata dallo Stato. “La stragrande maggioranza delle banche mette all’angolo queste aziende decretandone il fallimento”, denuncia Modica. “Finché non si opererà un vero cambiamento nel sistema di gestione e sostegno delle aziende sequestrate e confiscate resterà l’antimafia delle parole e non dei fatti”. E così facciamo solo favori alla mafia.