CATANIA. Un sodalizio storico. Gli Elephants Catania tengono alto il nome della città e dell’isola sul fronte del football americano. Con un presidente, Lucio Maugeri, che fa sul serio.
In una terra letteralmente ossessionata dal gioco del calcio, come nasce la tua passione per il football americano?
La mia passione per il football americano nasce negli anni 84/85, e più che una passione inizialmente era uno sport per me. In ogni caso mi attirava molto. È stato soprattutto il gruppo di persone che stava formando quella squadra che mi ha molto attirato ed intrigato[…]
[…] Volevo fare uno sport che mi impegnasse il fisico al 100%.
Ho trovato questo ed ho trovato anche una grande famiglia, della quale adesso sono già 40 anni che tutti quanti ne facciamo parte.
Novembre e 1984 sono un mese ed un anno letteralmente fondamentale nella storia degli Elephants Catania. Dove ti portano con la memoria? Quali immagini, suoni e ricordi ti tornano in mente?
Novembre 1984 mi ricorda proprio le prime riunioni fatte nello studio medico del padre di Angelo di Giunta, che che ospitava queste prime riunioni di formazione e creazione della squadra, con degli americani che venivano da Sigonella, che sono stati quelli che all’inizio ci hanno dato un grande supporto, e soprattutto mi ricorda quindi la genesi di questa squadra che però, da un punto di vista operativo iniziò nel gennaio febbraio 1985, anno nel quale la squadra si formò veramente. […]
Nel settembre dell’anno successivo, l’85, si inizia a fare sul serio e gli Elephants partecipano ufficialmente e per la prima volta ad un campionato federale, quello di serie C, con 1500 spettatori ad attenderli sugli spalti del campo comunale di Pedara per la gara di esordio. Che emozioni provi oggi a ricordare quei giorni?
Piano piano, come da un embrione, diventammo una squadra ed è molto bello ricordare quei tempi perché le immagini sono tantissime e noi per i primi mesi ci allenavamo senza avere mai visto un casco o una spalliera e senza veramente capirne tanto. Sapevamo solo che dovevamo fare quello che ci dicevano gli allenatori […]
Come interpreti oggi, alla luce di una storia così lunga ed avvincente, il tuo ruolo di Presidente degli Elephants Catania?
Sono stato sorpreso, perché stavamo facendo delle riunioni in dirigenza, diciamo ancora in quella che stavamo formando come dirigenza, e ad una riunione di queste io sono mancato.
Non mi ricordo perché, ma il giorno dopo però, o la sera stessa, mi hanno chiamato gli altri della dirigenza e mi hanno detto che mi avevano scelto e ed eletto come Presidente.
[…] Gli Elephants sono stati sempre la mia famiglia, li ho seguiti sempre, e ripeto, da tanti punti di vista, sia come giocatore, sia come dirigente, sia come dirigente esterno, come aiuto, quando ci voleva anche, e anche come come spettatore, da semplice spettatore.
Li ho seguiti sempre, hanno sempre fatto parte della mia vita.
[…] Però diciamo che il Presidente c’è perché una figura come Presidente ci vuole, ma noi siamo tutti quanti allo stesso livello […]
Al Pacino, nei panni dell’indimenticabile allenatore Tony D’Amato, protagonista del film “Ogni maledetta domenica” di Oliver Stone, in una fase cruciale della storia, all’interno di un lungo ed emozionante monologo rivolto ai suoi ragazzi dentro lo spogliatoio, pronuncia queste parole: “Ora noi, o risorgiamo come squadra, o cederemo un centimetro alla volta, uno schema dopo l’altro, sino alla disfatta…” Credi che sia stato così anche per gli Elephants negli anni?
Tornando alle parole di Al Pacino, nel discorso dello spogliatoio nel film “Ogni maledetta domenica”, io mi ci ritrovo come come squadra e ci ritroviamo benissimo qui, in quella che è la filosofia del del football americano e soprattutto per quello che riguarda l’andare avanti o indietreggiare.
Inch dopo inch, pollice dopo pollice, centimetro per centimetro. Pollici e dopo centimetro per centimetro.
Noi più di una volta, in questi quarant’anni, siamo dovuti indietreggiare.
Ma come siamo indietreggiati, dopo però, allo stesso tempo, siamo riusciti sempre ad avanzare, ed ogni volta che siamo andati avanti, abbiamo raggiunto poi un gradino ancora più alto, rispetto rispetto a dove eravamo prima. […]