Catania, perché ridi? - Live Sicilia

Catania, perché ridi?

E pessimamente cascate perché nel vostro sghignazzamento si coglie il terrore, l'ombra della paura all'angolo della bocca, il retropensiero dell'infimo che si prende una rivincita sul superiore. Ecco perché la vostra festa testimonia un radicato complesso di inferiorità: è un'ammissione lampante.

La rivalità
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PALERMO- Ma perché Catania ride, mentre Palermo piange? Perché si sente l’eco di uno sghignazzare continuo da via Etnea a Picanello? Una risposta c’è: quelle risate a gola spiegata sono il sintomo di un cristallino complesso d’inferiorità. E lo scrivo da mezzosangue felice, di padre catanese. Da assiduo frequentatore degli scogli neri di Aci Castello. Da estimatore di una certa catanesità, della capacità dei cosiddetti cugini di essere molto più concreti di noi, con meno ausilio delle chiacchiere e del distintivo. Infatti, all’ombra del Liotru, l’essere che si ritiene superiore viene sovente definito con un termine: “spacchioso”, già completo di una eloquente ridondanza. La meccanica sociale del catanese si basa sul bipolarismo spacchio-pacchio. Se siete sovrappeso, non giratevi mai quando ascolterete dalle parti di San Cristoforo “Miii, pacchione”. Non è a voi che stanno pensando.

E dunque, cari vicini, cara Sparta della nostra Atene, o Atene della nostra Sparta, perché tanta esibizione di felicità? Perché quei cartelli allo stadio? Perché i commenti che qui sembrano scritti da una mano identica, con multipli di dita, aggravata da infantilismo, come per esempio la chiosa del tale che ci augurava di vincere a Firenze per prolungare l’agonia? Cascate male, malissimo. E’ un’epoca densa di tragedie immani, cosa volete che sia il calcio ormai? Sì, siamo retrocessi. Ma il male è relativo perché sul serio abbiamo altro a cui pensare. Per cui, o catanesi, se festeggiate, credendo di incidere profondissime ferite, dobbiamo proprio dirvelo: trattasi di labili scalfitture su un corpo che è una mappa di pustole e cicatrici. Non si uccide un uomo morto.

Cascate nel peggior modo possibile perché vi dimostrate incapaci di godere appieno del vostro bellissimo campionato, visto che avete bisogno di consolarvi con le nostre disgrazie, come se la bellezza non vi appartenesse, perché mai appartiene a chi si compiace della prossimità di uno storpio. E pessimamente cascate perché nel vostro sghignazzamento si coglie il terrore, l’ombra della paura all’angolo della bocca, il retropensiero dell’infimo che si prende una rivincita sul superiore. Ecco perché la vostra festa testimonia un radicato complesso di inferiorità: è un’ammissione lampante. E non ce ne sarebbe motivo. Siete fratelli siciliani, cari cugini, proprio come noi.

Ps. Ho letto i commenti con un certo gusto. Mi pare strano che la pretesa di serenità provenga da parte di chi sereno non è, come dimostrano le molte esagerate parole qui sparse in calce a una serenissima riflessione. Coloro che chiedono responsabilità ne dicono poi di tutti i colori, con espressioni da conflitto mondiale. Ma si sa, in Italia, la colpa è sempre di qualche casta annidata nell’ombra. Il popolo è innocente. Se il tema fosse banale o scontato, non ci sarebbero state tante reazioni. E se ci sono state reazioni, alcune violente e fuori misura, vuol dire che l’articolo ha colto nel segno. Il giornalista non ha mai bisogno di fare confessare al lettore quello che il lettore confessa spontaneamente.

Ps 2. ‘“Lo scrivo da mezzosangue felice di padre catanese.” Mater semper certa est, pater nunquam’”. Questo scrive il Caro Attilio, che ringrazio della sua manifesta signorilità. Io ho citato un particolare per fare capire che voglio bene a Catania e ai catanesi. Per il resto, vi pregherei di lasciare fuori dai vostri motteggi mio padre che non c’è più e che non andava allo stadio. Ripeto quello che è sotto gli occhi di tutti: un pubblico che preferisce concentrarsi sulla retrocessione degli altri è un pubblico complessato. A torto, come ho scritto. Ma il dato balza agli occhi. E credo che questo continuo riferimento al presunto ‘rosicamento’ del sottoscritto sia, ancora, la confessione di un dramma interiore: fare un bel campionato di serie A, ma trovare la maggiore felicità disponibile nella retrocessione del Palermo. E quello che è accaduto e che sta accadendo. E capisco che sia fonte di interrogativi personali che devono sfociare nell’insulto al prossimo, per evitare crisi interiori.

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