Raciti detta le condizioni: |"Il Pd non è una società per azioni" - Live Sicilia

Raciti detta le condizioni: |”Il Pd non è una società per azioni”

Il segretario del Partito Democratico: "Basta inseguire i fantasmi, se dibattito ci deve essere lo si svolga pure, ma su quei temi che riguardano davvero il futuro di questa città".

CATANIA – Segretario Raciti, ultimamente l’ex deputato Ars Fabrizio Ferrandelli ha detto al nostro giornale che il Pd catanese è sostanzialmente una realtà inesistente, incapace di riunire i suoi organi ufficiali e decidere. Qual è il quadro effettivo della situazione?

Il Partito democratico catanese è cresciuto tantissimo negli ultimi mesi e oggi è chiamato a governare questo processo di crescita recuperando un profondo senso della propria missione. E in questa fase bisogna avere la consapevolezza che il Pd non debba essere scalato quasi fosse una società per azioni.

Se ha vinto lo ha fatto anche sulla scorta delle new entry,  a partire da Anthony Barbagallo, ma anche di altri. Dove si ferma l’allargamento del Pd?

Il limite è nel riconoscimento della sua  linea politica, sia a livello regionale che catanese. Il Pd ha i suoi valori, le sue battaglie e il suo profilo politico. Credo che nei prossimi mesi il partito avrà da affrontare un tema in più, quello cioè di come crescere e strutturarsi anche fuori dalle logiche di ceto politico.

Cosa intende?

Bisogna recuperare una capacità di rapporto con la società di questa città e di questa provincia. E parliamo, nel particolare, di una società che gode di una certa dinamicità.

C’è che siete entrambi acesi, lei e Nicola D’Agostino. L’ingresso di quest’ultimo in Sicilia Futura può rappresentare uno strumento per raggirare l’ostacolo Raciti in vista di un approdo definitivo nel Pd?

Questo non lo so. Posso dire invece che il Pd debba uscire dalla logica dei protettorati in seno all’Ars. Ecco, si sono costituiti dei gruppi che sono nostri alleati, a cui dobbiamo guardare con rispetto e attenzione. Credo anche che alle prossime Regionali sarà anche utile averli in campo. Ma il Pd è il Pd e non ci sono altri partiti democratici fuori dal nostro.

Non mi ha risposto. Il bisticcio con D’Agostino è dunque reale o no?

Io non vedo alcuna querelle in merito né tanto meno un bisticcio. Lui ha deciso di essere uno dei fondatori di un nuovo soggetto.  A me va benissimo e auguro a tutti loro buon lavoro.

Sulla scorta dei nuovi degli equilibri più sereni in Regione tra voi e il presidente Crocetta, cosa chiede il Pd siciliano al sindaco di Catania Enzo Bianco?

Dico che non spetta a noi dettare linee e condizioni. Governare una delle più importanti città del Paese è una grossa opportunità. C’è, ed è evidente, che le imprese e la società catanese siano in crisi e l’obiettivo che si deve dare sia il Pd che l’amministrazione Bianco è quello di rimettere in moto una prospettiva di sviluppo.

In ottica Pd, c’è spazio per un sindaco metropolitano che non sia Enzo Bianco?

Al momento c’è un dibattito all’interno del partito, ma credo che quella di Bianco sia la candidatura naturale, per storia, credibilità e ruolo.

Quella telefonata tra Bianco e Mario Ciancio rientra davvero, come ha detto lei, tra i normali rapporti tra un politico e un imprenditore?

Sì, assolutamente. Bianco, come è noto, non è indagato e io ho qualche dubbio fondato rispetto al fatto che Ciancio, alle ultime elezioni, abbia sostenuto la sua candidatura. Con un minimo di occhio politico, credo che lo si possa affermare con una certa tranquillità. Insomma, io non vedo elementi di compromissione tra loro.

E allora?

Vorrei che la smettessimo d’inseguire i fantasmi. Se dibattito ci deve essere lo si svolga pure, ma su quei temi che riguardano davvero il futuro di questa città.

 


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