CATANIA – Il 28 Luglio 1985 il commissario della squadra catturandi di Palermo, Beppe Montana, viene ucciso da un commando di Cosa Nostra. Il 27 luglio 1992, l’ispettore capo Giovanni Lizzio, responsabile della squadra anti estorsioni della Questura di Catania, cade in un agguato di chiaro stampo mafioso, il cui mandante è Nitto Santapaola. La Polizia di Stato, oggi, ha voluto ricordare il sacrificio di entrambi con una messa in loro suffragio e la deposizione di una corona di fiori al cimitero cittadino. LiveSiciliaCatania, da parte sua, ha voluto rievocare la figura di Beppe Montana con il fratello Dario, attivista della associazione Libera fondata da Don Luigi Ciotti: “Vogliamo – ha detto- che passi il messaggio in favore della formazione di una memoria collettiva. Non, però, in funzione di un passato, ma di condizioni migliori per il futuro”.
Ventotto anni dalla morte di suo fratello. Quel è ancora il messaggio legato alla sua tragica uccisione?
“Non sono soltanto ventotto dalla sua morte. Fra una settimana saranno ventotto dalla morte di Ninì Cassarà, Roberto Antiochia e via dicendo. Dico questo perché, sia come familiari che come Libera, vogliamo che passi il messaggio in favore della formazione di una memoria collettiva. Non, però, in funzione di un passato, ma di condizioni migliori per il futuro”.
Dalla memoria collettiva a quella individuale. Ci racconti un aneddoto che riguarda direttamente il Commissario Montana?
“In questi giorni, proprio attraverso Libera, ho avuto modo d’incontrare tanti ragazzi sui terreni confiscati. Spesso, in queste occasioni, mi sono portato il mio cane. I ragazzi mi hanno chiesto perché lo avevo. Quindi ho raccontato loro un aneddoto. Posso rievocarlo?”.
Certamente.
“Beppe aveva molti cani. Nello stesso porticciolo dove lo hanno assassinato, lui si fermava spesso a giocare con un cane in particolare. Nel momento dell’omicidio, il killer ha dovuto uccidere quello stesso cane perché gli si è avventato contro. E proprio le tracce di sangue di cane trovate sulla maglietta dei killer hanno reso possibile la loro condanna”.
È un dettaglio di grande umanità.
“Dico questo perché mi piace ricordare mio fratello nei momenti belli. Quelli passati nel suo motoscafo, ma soprattutto il suo grande amore per gli animali. É quel pensiero che mi ritorna sempre. Quello stesso amore ha permesso a noi familiari di avere Giustizia. Questo lo dico perché sono tanti i familiari che non hanno visto concludere i processi in maniera, come dire, positiva”.
In questi giorni si sta discutendo, anche con qualche punta di polemica, sulla riforma della legge che determina il voto di scambio politico mafioso. Qual è la vostra posizione?
“La nostra posizione di familiari, anche impegnati dentro Libera, su cui abbiamo discusso parecchio durante gli anni, è quella che la sola idea del voto in cambio di denaro è improponibile. Sono abbastanza fiducioso che nonostante il dibattito di questi giorni una sintesi la si potrà trovare e che finalmente si possa rendere concreta questa norma. Al momento, il 416 Ter, è assolutamente inesistente, perché è impossibile dimostrare una responsabilità. Questa vicenda legata al concorso esterno mi fa un po’ sorridere…”.
Si spieghi meglio.
“Il nostro problema non è il concorso esterno delle persone perbene nelle associazioni mafiose. La questione è un’altra: è che le persone mafiose utilizzano un concorso per realizzare gli interessi leciti delle persone perbene. Dovrebbe partire una riflessione su questo punto. Le cosiddette persone perbene dovrebbero mettere da parte le proprie ambizioni e rifiutare amicizie ingombranti”.
In questi giorni a Catania si è insediata una nuova giunta. Cosa deve fare l’amministrazione di una realtà delicata come quella catanese per aiutare le vittime della mafia e delle estorsioni?
“Le amministrazione possono agire, portare cambiamento, solo se lo vuole la città. Le amministrazioni, in se, sono relativamente irrilevanti sotto questo punto di vista. Credo però che un impegno ci può essere facendo sì che il 21 Marzo diventi un giorno dedicato al ricordo delle vittime del sistema mafioso. Non sarebbe solo un elemento simbolico, ma indicherebbe una direzione rispetto a come si vuole amministrare. Inoltre, bisogna iniziare a utilizzare i beni confiscati come una opportunità reale di riscatto sociale. Insomma, alla politica basterebbe occuparsi soltanto di buona politica. Questo metterebbe un argine a ogni azione criminale”.
Come è cambiata la Procura di Catania dall’avvento di Salvi?
“Il dato, dal punto di vista culturale, credo sia rilevante. Vedere finalmente anche a Catania la presenza di alcuni magistrati all’interno di alcuni percorsi di memoria collettiva è stato un fatto importante. Credo inoltre che la sua sia sta una presenza che abbia svelenito il clima e che abbia fatto riprende un dialogo con una pezzetto della società”.
E guardando nello specifico ai grandi processi in corso a Piazza Verga?
“Credo che tra i processi in corso oggi, penso a quello relativo a Lombardo, ma anche a Ciancio, qualora avessimo avuto magistrati interni a questo palazzo avremmo dato adito a critiche e conflittualità maggiori. Il fatto che ci sia stato un Procuratore che provenisse da un altro ambiente, ha oggettivamente permesso di far lavorare tutti con maggior serenità. Chi si occupa dell’amministrazione della giustizia non può far parte del tessuto economico e civile della medesima città”.