Catania, scontro tra generazioni dentro Cosa Nostra

Catania, scontro tra generazioni dentro Cosa Nostra: dai codici ai social

L'azione della vecchia mafia e quella giovane alle falde dell'Etna

CATANIA – Svela molto più di quanto non dicano arresti e capi d’imputazione, l’inchiesta Leonidi coordinata sotto Natale dalla Procura etnea con a capo Agata Santonocito e condotta dai militari dell’Arma.

Un elemento che spicca su tutti resta quella dicotomia tra l’azione della vecchia mafia dei grandi e “di coloro che restavano fedeli alla vecchia guardia” nei codici esportati fuori dalle carceri e negli atteggiamenti, da un lato, e l’azione della mafia giovane “spregiudicata, irruente, avvezza all’esibizione di status symbol sui social e alla vita gaudente”, dall’altro.

Finocchiaro e la vecchia mafia

È in questo contesto che va inquadrato il ruolo e l’agire di quello che per gli inquirenti è il presunto reggente del gruppo storico del Villaggio Sant’Agata. Si tratta di Davide Finocchiaro uno dei sodali che interpretava la propria azione criminale conformandosi ai canoni della tradizione e criticava la condotta di chi si lasciava andare all’ostentazione sui social o pubblicamente.

Così come spiegava a Seby Ercolano: “…io.le…persone scendono…ma non solo qua a Catania…nei paesi… perché io sono…io oggi.. per dire, sono li “Villaggio”, cioè sono il “Villaggio”. Io sto “cumminando”, ci sono io al “Villaggio”!… Ed automaticamente… ‘mpare… “il Villaggio” ha scritto la storia!… Seby, noialtri abbiamo i morti, abbiamo gli ergastolani, abbiamo il seguito… Ci siamo? Ora… io che vedo determinate persone.. che non fanno niente…ed i miei “compagni” fanno la fame… io non l’accetto… lo sto camminando con questa macchina che ha mia moglie, io mi sono fatto dieci anni e otto mesi, sono uscito e non mi sono comprato né motorino ne niente.
Cammino con la macchina di mia moglie, ho magari i debiti. lo ho pensato ai miei compagni in galera, non gli faccio mancare niente…io con queste persone che già ti avevano invitato per andare a ballare… Io non mi ci sono seduto perché… anziché di aprire cinquanta bottiglie io gli faccio comprare le sigarette ai miei compagni in galera… e a me, i miei compagni “grandi”, che qualcuno ora sta per uscire… non mi deve vedere su “tik tok” che apro bottiglie spensierato”.

Ercolano jr e Strano

Sul versante esattamente opposto si attestava, invece, non solo Ercolano jr – la cui esuberanza criminale (secondo quanto raccolto dagli inquirenti) era oggetto di attenzione del padre e dello stesso Finocchiaro che tentava di dargli indicazioni – ma anche Daniele Strano il quale, in netta contrapposizione a Finocchiaro, dopo aver discusso con Ercolano il modus operandi dell’attentato ai danni di Gagliano, spiegava:
“Purtroppo è il “sistema” che non funziona più! Non si può cambiare perché all’interno…arrivano messaggi anche sbagliati dai “vecchi” che sono lì dentro chiusi! Non è che arrivano messaggi buoni! Quelli, poveretti, che possono fare? Prendi uno come tuo padre me lo dici che può faro uno che è da vent’anni che è in galera e che ha l’ergastolo, che può fare? Niente! Gli possono raccontare le cose. Lui là dentro s’arrimina e può dire la sua, ma alla fine? Che fa? Niente, non può fare niente. I figli di quello che possono fare che sono tutti al 41, niente! Il vecchio…Nuccio, che può fare, niente! Tutti questi cugini e parenti dei Santapaola…prendi i figli di Colluccio non hanno preso niente né dal papà, né dagli zii. Sono munnizzari”.

Per i magistrati si delinea l’evoluzione del clan Santapaola-Ercolano dal 2017 ad oggi sulla scorta delle inchieste Chaos, Agorà e Sangue blu e delle dichiarazioni dei collaboratori dei giustizia Scavone e Corra.

Pur senza dover generalizzare a tutti i costi emerge la netta differenza, come detto, di mentalità tra mafia tradizionale e nuove leve: e l’Operazione Leonidi non ha fatto altro che avvalorare una tesi che ha trovato pieno riscontro tra le intercettazioni e l’attività d’indagine.


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