CATANIA – Il Giro arriva sull’Etna ed è già festa di popolo. Un evento dal sapore antico che ha attraversato intatto un secolo, ma che nonostante l’età, scatena ovunque l’entusiasmo tipico dei bambini. Non ha età il fan del Giro d’Italia, o meglio ce l’ha: è quella dello stupore e del divertimento all’aria aperta, dello sport sano che racconta del Belpaese, mentre lo attraversa in lungo e in largo. E allora è così che, al di là del tifo, della squadra, della maglia, ogni ciclista diventa piccolo ambasciatore, di unità e di gioia, divulgatore di una storia che ancora riesce a rievocare quella di un Paese.
Non distingue generazioni. Il Giro d’Italia è festa di tutti: chi ama il ciclismo e chi no. Chi ha sempre seguito questo faticoso – ma dalle grandi soddisfazioni – sport e chi lo ha sempre trovato noioso. D’altronde, non bisogna amare il ciclismo per amare il Giro d’Italia, sinonimo di festa di popolo, così come la bici è sinonimo di libertà. Mezzo incredibile per conoscere un Paese, nei suoi meandri più nascosti, per narrare un’Italia ancora esistente, seppur a stento, per fare sentire gli italiani popolo, dalle radici comuni. E dai comuni eroi, vere e proprie icone, le cui imprese del passato riecheggiano ancora.
La Sicilia si veste di rosa, dunque, per le due tappe della gara più famosa d’Italia. Oggi la corsa partirà da Cefalù e terminerà al Rifugio Sapienza, domani partirà da Pedara, per attraversare numerosi paesi etnei per poi dirigersi alla volta di Messina. Due giornate di grande festa, in cui sono attese migliaia di persone, all’arrivo, ai traguardi volanti, all’avvio del Gran Premio della Montagna. Ovunque. Come se il Giro passasse per la prima volta – in realtà l’ultima edizione in cui ha toccato l’Etna e Catania è recente, del 2011; come se il Giro non si corresse ogni anno. Come se fosse l’unica volta, l’ultima volta.
L’occasione è ghiotta, davvero. E sa di storia, di passione, ma anche di sofferenza. Vincenzo Nibali lo sa bene, proprio lui che da messinese ha trovato nell’Etna la più grande palestra che la natura potesse mettergli a disposizione. Proprio lì lo Squalo ha scolpito i polpacci in allenamenti estenuanti. Onorare il Vulcano, sia in discesa che in salita, per scalare la storia della competizione in rosa. Ecco l’obiettivo. Vincere per la seconda volta consecutiva il Giro, non sarebbe cosa da poco. Un rimedio per cancellare l’incidente di Rio della scorsa estate e una degenza durata tantissimo. E per restare lì assiso accanto ai più grandi: Alfredo Binda, Fausto Coppi, Gino Bartali, Eddy Merckx o il pirata Marco Pantani.
Bello sarebbe se Vincenzo Nibali scrivesse sul Vulcano la sua e la nostra favola: se incidesse sulla lava una narrazione destinata a durare nel tempo e ad asciugare qualche lacrima. La morte di Michele Scarponi è affare troppo recente per far finta di niente. Come anche, guardando alla passione dilettantistica in salsa nostrana, è impossibile non citare la tragedia che ha colpito lo scorso anno Rosario Zappalà, catanese di Viagrande, investito da una macchina nel bel mezzo del “Gran Fondo Sicilia” nell’agrigentino. Fosse ancora vivo, sarebbe lì, in attesa che la carovana in rosa scali ‘a Muntagna.
I tifosi e gli amanti della mistica sportiva ci credono che qualcosa di grande possa avvenire sull’Etna. Per questo c’è chi ha preso un giorno di ferie, chi un permesso: chi potrà sarà lì, a incitare un campione, a incitarli tutti. Assiepato lungo la strada dalle prime luci del mattino, in attesa che la gara entri nel vivo, che si avvicini la testa della corsa o che sfrecci qualche eroe sulla sua bici. Che passi il Giro. Per poter dire: c’ero anche io.