Catania si guarda allo specchio: tra "gattopardismo" e nuovo anno

Catania si guarda allo specchio: tra gattopardismo e nuovo anno

Nel 2025 le sfide di sempre: in un territorio che aspetta il salto di qualità

CATANIA – Ogni primo dell’anno si rischia di scrivere e tornare a sperare le stesse cose. Ambire a una città e a un territorio che possano essere appena un pò più vivibili di quanto non lo siano oggi, diventa un azzardo. Quasi un attentato di lesa maestà nei confronti di chi passa dodici mesi l’anno a soffiare sul fuoco del è meglio che nulla cambi

Un gattopardismo che non conosce il sentiero del viale del tramonto. Che si annida tra i corridoi dei palazzi della politica e dell’establishment: in un ordine costituito dove vige la legge del “che tutto cambi affinché tutto rimanga com’è”.

Catania e il nuovo anno

Nel 2025 Catania si guarda allo specchio. Tenta di trovare energie, idee e – forse soprattutto – la voglia di risalire controcorrente il fiume agitato dello sviluppo. Del risveglio culturale ed economico, tante volte stereotipato, degli anni Novanta altro non è rimasto che una bava da lumaca. Spazzata via la cenere dei tempi che furono: che tentarono di essere diversi dai precedenti.

Certo. È piuttosto inutile e stucchevole fare paragoni. A maggior ragione in tempi di social e intelligenza artificiale dove tutto evolve e sfugge all’istante. Eppure, oltre il folclore del mare-aperitivo-granita anche in inverno-polpette di cavallo, Catania ha il dovere di guardare oltre. Una volta per tutte. Di fissare l’asticella che la renda una città riferimento del Mediterraneo. 

Per farlo, probabilmente, occorre affrontare la continua emergenza quotidiana senza cedere campo ad un clientelismo che prova a mettere radici ovunque. Ma serve anche essere capaci di avere una visione di territorio che parli alla comunità e non agli interessi di bottega.

Dagli investimenti sulla Silicon Valley d’Europa al fermento esploso in questi anni in ambito turistico, ben più di qualche segnale incoraggiante arriva. Nel mezzo, tutta una serie di sfide che puntualmente caratterizzano ogni anno: l’urbanistica con la ferita sempre sanguinante di Corso Martiri; la munnizza che ciclicamente assedia la città; quella zona grigia del malaffare, dello spaccio e della feroce criminalità che oltre il lavoro di magistrati e forze dell’ordine andrebbe necessariamente inquadrata in una svolta culturale.

Catania è ancora nelle condizioni di potercela fare. Davanti a sé un unico buon proposito, scacciare via la tentazione del gattopardo.


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