Catania, un delitto di mafia a “sfondo passionale”: ergastolo

Catania, un delitto di mafia a “sfondo passionale”: l’ergastolo è definitivo

Respinto il ricorso in Cassazione

ADRANO (CATANIA) – È passata in giudicato la condanna all’ergastolo per uno dei killer del clan Laudani, il catanese Massimo Merlo, 51 anni. Fu lui, per i giudici, l’esecutore materiale dell’omicidio del quarantenne Maurizio Maccarrone, avvenuto il 14 novembre 2014 in una stradina di Adrano. La vittima non aveva precedenti ed era un onesto lavoratore di una struttura medica residenziale. Ma cadde per mano di Cosa Nostra.

Cavalleria rusticana in nome del boss

L’omicidio fu commissionato dal boss Antonio Magro, esponente del clan Morabito–Rapisarda di Paternò. I motivi con la mafia non hanno nulla a che vedere. Ma i killer eseguono gli ordini. Uccidono. Non fanno domande. E poco importa il fatto che in realtà, Magro, si sia voluto togliere uno “sfizio”, un capriccio. Che Maccarrone avesse una storia con una donna che in passato era stata legata a lui, infatti, era una congettura. Si era convinto di questo. Non ne era neanche sicuro. E Merlo, che sarebbe stato vicino a un gruppo di Adrano legato a doppio filo con i mussi i ficurinia, eseguì gli ordini.

La dinamica

Quella maledetta mattina di nove anni fa, Merlo salì su uno scooter che sarebbe stato guidato da un uomo di Santa Maria di Licodia che nel frattempo è morto. Avvicinatisi alla vittima, il sicario avrebbe sparato direttamente dallo scooter. Uno, due, tre colpi. Una pioggia di fuoco che non ha lasciato scampo alla vittima. Poi l’assassino è sceso dalla moto e ha sparato ancora.

La sentenza

Adesso il dispositivo della sentenza passata in giudicato, per Merlo, è pubblicata sul sito del Ministero della Giustizia. “La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso – si legge, in sintesi -. E ha a condannato Merlo alla pena dell’ergastolo, perché riconosciuto colpevole di omicidio, disponendo tra le pene accessorie la pubblicazione della sentenza penale di condanna”.

Il pentito e il video

L’indagine ebbe una svolta con le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Gaetano Di Marco. Fu lui a svelare il movente e la dinamica. La principale prova però furono le immagini delle telecamere di videosorveglianza. La morte in diretta. Si vede Maccarrone dirigersi verso l’auto, l’arrivo dei killer, gli spari e i due colpi finali a distanza ravvicinata, quasi a bruciapelo.


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