Cibali, sì alla costruzione della palazzina di via Dilg - Live Sicilia

Caso via Dilg, arriva il permesso per la palazzina sulla sorgente di Cibali

La ditta vuole edificare da oltre vent'anni

CATANIA – Dopo l’ultima sconfitta al Tar, il Comune capitola. È stato firmato lo scorso martedì 5 dicembre il permesso di costruire per la palazzina di via Dilg, che nascerà sull’antica sorgente del quartiere di Cibali, a Catania. La battaglia legale, alla fine, l’ha vinta la Afedil costruzioni, la società che da più di vent’anni tenta di mettere in piedi – finora senza riuscirci – il suo piccolo edificio.

Causa di questo ventennio di attesa sono le vie dell’acqua del quartiere. Il lavatoio di Cibali, tra piazza Bonadies e via Valdisavoia, è la traccia visibile più rilevante delle origini del rione: costruito tra sorgenti profonde e corsi d’acqua, con una vita sotterranea vivacissima fatta di gallerie e torrenti. Lo racconta la toponomastica: da via della Sorgiva a via Torrente, passando per via dello Stagno e via Canale.

Costruire sulle vie dell’acqua

Tra chi conosce meglio le difficoltà di lavorare in una zona così ricca di acqua è probabilmente Fce, Ferrovia circumetnea: l’apertura della stazione metropolitana di Cibali è stata rinviata un anno dopo l’altro, perché era difficile che quelle gallerie non si trasformassero in una cascata. Indipendentemente dal fatto che all’esterno piovesse oppure no. Con una geologia complessa come quella di via Dilg e limitrofe, ogni costruzione è un’incognita. Perfino quella di un’opera pubblica.

Lo sa anche la Soprintendenza per i Beni culturali che, nel 2005, decide che quell’area è da vincolare per motivi storici e antropologici. Tutti legati “all’antico condotto sotterraneo con annesse camere di captazione e pozzo facente parte dell’antico acquedotto di Cibali”. Sorgenti e fiumi sotterranei, insomma, dovuti allo scioglimento delle nevi sull’Etna, che transitano in questa zona della città e l’attraversano per arrivare fino al centro storico.

La tempesta di autorizzazioni

Due anni prima, nel 2003, Palazzo degli elefanti aveva stabilito che, invece, su via Dilg si poteva costruire. Il parere della Soprintendenza cambia le carte in tavola e blocca ogni ipotesi di costruzione. Fino al 2015, quando la ditta presenta una proposta di variante che, secondo lei, le permetterebbe comunque di costruire. Gli uffici regionali definiscono “compatibile”, in un primo momento, il nuovo progetto con il vincolo. Poi ci ripensano e annullano il loro stesso parere. Nel 2018, anche il Comune si tira indietro rispetto al permesso di costruire.

Afedil costruzioni, a quel punto, si presenta davanti ai giudici del Tribunale amministrativo regionale di Catania. E vince una prima volta. Perché, sostengono i giudici amministrativi, c’è una “lacuna istruttoria”.  nel provvedimenti con i quali la Soprintendenza annulla il proprio parere di compatibilità. Dice il tribunale, insomma, che gli uffici della Regione non hanno fatto tutte le verifiche che avrebbero dovuto fare per sostenere che il progetto di costruzione non fosse compatibile con il vincolo etnoantropologico sull’acquedotto di Cibali. E che, quindi, quel parere non avrebbe dovuto essere rilasciato.

La battaglia legale

Sulla base di questo primo pronunciamento del Tar etneo, Palazzo degli elefanti dà un nuovo permesso di costruire. All’interno del quale, però, vengono inserite una serie di prescrizioni. Tra cui che “l’attuale imboccatura del pozzo venga protetta e valorizzata con apposita recinzione, al fine di renderla accessibile e fruibile da chi ne faccia espressa richiesta”, oltre che l’”obbligo per la ditta proprietaria di tutela del bene vincolato e responsabilità diretta per eventuali danni al manufatto sottoposto a tutela”.

Per la Afedil costruzioni queste prescrizioni sono “assolutamente illegittime e pretestuose” e determinano “l’impossibilità oggettiva di edificazione nel lotto”. E per questo fa ricorso al Tar di Catania. Di nuovo. L’azione del Comune di Catania, secondo Afedil, sarebbe stata contraddittoria e “a puntate”.

Un’opinione condivisa dai giudici amministrativi etnei, per i quali il Comune avrebbe violato le “garanzie procedimentali”. Sarebbe, cioè, tornato indietro sulle sue decisioni “sollevando questioni in precedenza trascurate”. Un comportamento meritevole di censura, per il Tribunale amministrativo etneo, che obbliga Palazzo degli elefanti a concedere un permesso di costruire emendato di tutte le prescrizioni a tutela della sorgente.

Il permesso di costruire

Il punto della storia al quale siamo arrivati, a dicembre 2023, è questo qui. Nel provvedimento firmato dalla direzione Urbanistica, le condizioni che restano sono le seguenti: avvertire della realizzazione dell’opera, in modo che si possa fare la verifica di conformità; allacciare la palazzina alla fognatura pubblica, non appena sarà completata e attaccata al collettore. Dopo vent’anni, insomma, i lavori possono cominciare.

Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI