Cibali, fari su via Dilg: ecco cosa diceva la Soprintendenza - Live Sicilia

Cibali, fari su via Dilg: ecco cosa diceva la Soprintendenza

"Rischiamo di vedere le ruspe nell'unico punto dove, per secoli, in un quartiere di case attaccate, nessuno ha mai costruito".

CATANIA – Nella carta dei vincoli del Comune di Catania c’è una porzione circondata con un tratto rosso bello spesso. C’è scritto: “Dichiarazione di interesse culturale in via Dilg“. Perché nel 2005, quando la Soprintendenza per i beni culturali e ambientali di Catania ha emesso sulla stessa zona un vincolo etnoantropologico e storico ha scritto: “Non sono consentite opere di scavo o sbancamento“. Senza contare quello che chi conosce il quartiere va ripetendo: “Dopo vent’anni di battaglie rischiamo di vedere le ruspe nell’unico punto di Cibali dove, per secoli, in un quartiere di case attaccate l’una all’altra, nessuno ha mai costruito“.

L’affaire della palazzina autorizzata in via Dilg acquisisce dimensioni più grandi man mano che passano i giorni. Adesso, sollecitato anche da una lettera di un comitato di residenti della zona, anche il presidente del Consiglio comunale Sebastiano Anastasi chiede l’apertura di un tavolo tecnico. “È una storia che conosco bene – spiega Anastasi – La seguo da quando ero presidente di quartiere, proprio a Cibali. Posso testimoniare personalmente l’assoluta buona fede e i nobili propositi di questi cittadini che hanno cominciato, vent’anni fa, a muoversi perché preoccupati per la stabilità delle loro case e che, con il tempo, si sono innamorati di quello che hanno scoperto e che adesso vogliono tutelare“.

Cosa dice il vincolo della Soprintendenza

Perché sotto a via Dilg, dove la direzione Urbanistica del Comune di Catania ha recentemente concesso il permesso di costruire una palazzina di due piani, scorre uno dei canali della “testa delle acque” di Cifali. E da lì si muove il tracciato dell’acquedotto concesso, nel Seicento, ai Benedettini del Monastero di San Nicolò l’Arena. Del pozzo di via Dilg si trova traccia, scrive la Soprintendenza, già nei registri di età borbonica. E nel 1755, addirittura, il principe Biscari, Ignazio Paternò Castello, fu costretto a cedere l’acquedotto sotterraneo che aveva costruito alla Mensa Arcivescovile, “in ragione del privilegio Normanno che dichiara i Vescovi di Catania assoluti padroni e domini di tutte le acque“.

Per gli esperti della tutela dei beni culturali, i canali che scorrono sotto a via Dilg e nel quartiere di Cibali sono “viva testimonianza di come nell’antichità venivano cercate e sfruttate le sorgenti”, in modo da permettere “lo stanziamento di popolazioni, la trasformazione di aree incolte in aree produttive e fertili”. La sapienza, insomma, dei secoli andati. Di cui c’è traccia in quell’antico pozzo dentro a un terreno rimasto, finora, inedificato.

Anche in virtù di quel vincolo del 2005, firmato dall’allora soprintendente di Catania Maria Grazia Branciforti, che prescrive che “i terreni soprastanti e/o attigui il bene tutelato non vengano alterati con opere di scavo o sbancamento, mantenendo una fascia di rispetto di sei metri per ogni direzione verticale, orizzontale o lungo il condotto, il pozzo, le camere di captazione e/o drenanti”. Metri ridotti a due, nel 2010, quando era soprintendente l’architetta Vera Greco, a seguito di un’apposita richiesta formulata dalla Ferrovia Circumetnea per pemettere il transito, ancora più in profondità delle linee d’acqua, della galleria della stazione Cibali della metropolitana catanese.

Il permesso di costruire

Come raccontato da LiveSicilia alcuni giorni fa, dopo una battaglia legale durata due decenni e passata dalle aule del Tribunale amministrativo regionale di Catania, a novembre 2022 il Comune di Catania ha concesso, alla ditta Afedil costruzioni, il permesso di mettere in piedi una palazzina in quel terreno. A distanza di vent’anni dalla prima richiesta di titolo edilizio.

Nell’atto firmato dal dirigente dell’Urbanistica Biagio Bisignani si legge che sarà necessario “acquisire i nulla osta del Genio civile e dell’Autorità di bacino prima dell’inizio lavori”, pena la “decadenza del presente atto”. Saranno ancora, quindi, altre istituzioni a doversi pronunciare. Mentre anche a Palazzo degli elefanti qualcosa si muove. “Avevo chiesto un tavolo tecnico sulla questione già alcuni anni fa – ricorda Sebastiano Anastasi – Poi non se n’era fatto niente. Adesso confido che il tema abbia la dovuta attenzione, vista l’importanza dell’argomento per la storia della città”.


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