PALERMO – Inizia a parlare che non sono nemmeno le 21.30. Prima di lui era stata la volta dei deputati regionali a cinque stelle, evidente fiore all’occhiello della sua campagna elettorale. Beppe Grillo è un fiume in piena, arringa una piazza molto densa. A fianco del palco si crea un effetto “drive-in”. Famiglie in auto si fermano in doppia fila, e restano in sosta per ascoltarlo. Il tutto davanti ad un carro attrezzi che resta sguarnito. Ha il carisma del taumaturgo. Gli si avvicinano gli operai della Gesip, che da lui chiedono quasi una benedizione. In realtà chiedono di potersi sfogare, così come altri uomini e donne disoccupati, cui Grillo dà ascolto e strette di mano. Giovani e meno giovani fanno la fila per una foto, e lui accontenta tutti.
Tiene viva l’attenzione della piazza quasi piena, ma non traboccante. I temi ed i toni sono un po’ sempre gli stessi, senza una particolare connotazione geografica. “Quando parte la rivoluzione? La rivoluzione è già partita proprio dalla Sicilia, non ve ne siete resi conto? Noi siamo l’ultimo treno”. Grillo però sa territorializzarsi, e parla dei “1800 operai sulla cui pelle qualcuno ha fatto politica”. Abbozza il nome dell’ex municipalizzata, la chiama Gepis, poco dopo lo correggono. Continua a parlare di Palermo: “Sono venuto qua per le comunali, non abbiamo preso nemmeno il 4 per cento e non siamo entrati in consiglio. Ora però vedo facce diverse”. Rilancia: “Cambiare significa mandare a casa tutti quelli che siedono in Parlamento”. In breve si scatena la curva grillina. C’è il siparietto per televisioni, in particolare per la Rai. “Diteci che siamo populisti, anzi ce lo diciamo noi stessi. Gridatemelo al mio tre. Uno, due, tre: populista!”.
Torna sul caso Monte dei Paschi e mette alla berlina il Pd: “Dobbiamo mettere sotto processo tutti i suoi dirigenti dal 1995 ad oggi”. Ne ha per tutti. “Oggi le banche sono i partiti e i partiti sono banche. Basta, vadano fuori”. La burocrazia, la giustizia ed il fisco sono altri tre bersagli del leader del M5S. “Abbiamo 125mila leggi e 3 milioni di processi. Tra l’altro io ne ho in corso 22 in più del nano”, dice riferendosi a Silvio Berlusconi. Parla di digitalizzazione (“in tre giorni informatizziamo tutti i faldoni”) e punta il redditometro (“bisogna rovesciare l’onere della prova”). Quando attacca Equitalia, che pure in Sicilia non c’è, prende una vagonata di applausi.
Grillo ne ha pure per Mario Balotelli. O meglio per il suo acquisto da parte del Milan. “Berlusconi lo rivende in saldo il 29 febbraio”. E sulla fuga dei cervelli non fa mancare una battuta. “Perdiamo i migliori, ma riusciamo a importare Corona”. Finisce il suo intervento ed è la volta dei candidati a Camera e Senato. Ci sono quasi tutti. Il protagonista però resta lui: si aggira intorno al palco con un asciugamano al collo. Ascolta, abbraccia, stringe mani e rompe un protocollo che non c’è. I giornalisti più fortunati riescono a strappargli qualche battuta in mezzo alla calca. Non conferma che andrà il televisione: “Ci sono già ogni giorno, senza dovere andare nei talk show, dove quando dici qualcosa ti spiaccicano la faccia di Gasparri”. Riceve da SkyTg24 un invito ufficiale per il confronto fra i candidati, ringrazia ma non si sbilancia. A chi gli chiede di Ingroia invece risponde che non vuole niente avere a che fare con i partiti che hanno distrutto questo Paese.
Vola basso, rastrella gli umori di tutti e li fa suoi. E su questo cavallo galoppa con destrezza. “Negli altri paesi europei ci sono Le Pen in Francia, Alba dorata in Grecia ed i Pirati in Germania. Se non ci fossi io chissà chi ci ritroveremmo in Italia”. Gli scudieri all’Assemblea regionale intanto fanno il lavoro sporco: selle, staffe, redini e bardature. Fra queste la nuova proposta, che anche da sinistra era stata lanciata ma che i deputati regionali grillini presentano in anteprima: il reddito minimo garantito per tutti i cittadini sotto la soglia di povertà. Anche questo per fare un salto in più nell’ippodromo della politica, che porterà per la prima volta il Movimento Cinque Stelle in Parlamento.