Palermo, "valigetta con soldi". Lo Manto e la "mafia imprenditoriale"

“Valigetta con soldi e pistole”. Lo Manto: “La mia mafia imprenditoriale”

Incensurato, ma con una rete di amicizie mafiose

PALERMO – Incensurato, ma con una rete di amicizie mafiose. Più si scava nella vita di Toni Lo Manto, finito in carcere nell’inchiesta sulla frode fiscale scoperta dalla Procura europea, e più emergono contatti trasversali con personaggi di Cosa Nostra.

Originario del rione Brancaccio, il suo nome saltò fuori nel contesto di un’indagine sul mandamento mafioso della Noce. Già dal 2012 ci sono pure dei contatti ripetuti con Francesco Guttadauro e Girolamo Bellomo. Il primo è il nipote di Matteo Messina Messina Denaro, figlio di una delle sorelle del padrino deceduto, Rosalia, e di Filippo Guttadauro, mafioso di Brancaccio.

Francesco Guttadaro (il “nipote del cuore” di Messina Denaro sta scontando una condanna per mafia) e Bellomo (da poco scarcerato per fine pena) sono cognati. Bellomo, infatti, ha sposato Lorenza Guttadauro, sorella di Francesco, l’ex avvocato che ha lasciato la professione per un posto di lavoro al ministero dell’Istruzione a Roma. Lorenza Guttadauro è stata la persona rimasta più vicina allo zio nei giorni di detenzione a L’Aquila, visto che era il suo legale.

Lo Manto e Bellomo una decina di anni fa progettavano affari in Romania. A giudicare dalle sue parole il cinquantenne palermitano aveva grandi aspettative: “Allora… se questa cosa va in porto… poi noi ci sistemiamo la nostra vita per come si deve. Dobbiamo essere intelligenti in una cosa… perché purtroppo noi siamo delle persone troppo a vista. E purtroppo facciamo un ‘piritu’… lo sentono tanti. Facciamo una mossa lo vedono tanti”.

Da qui la scelta di andare all’estero: “Quindi dobbiamo essere proprio bravi… a farci i fatticieddi nostri… una volta che noi gli affari li facciamo fuori… noi basta che non li facciamo in Sicilia… ed è importante che ci muoviamo sempre io e tu. Perché appena si comincia a muovere Ciccio (Francesco Guttadauro ndr)… siamo tutti bersagliati a vuoto…”.

Dalle indagini sono emersi incroci con il boss Giuseppe Calvaruso di Pagliarelli, Salvatore Alfano della Noce e gli Spadaro della Kalsa. Altre circostanze Lo Manto le consegna inconsapevolmente alle microspie. Ad esempio delle “rapine fatte insieme” ad Antonino e Sandro Capizzi, poi diventati boss di Villagrazia.

Ed ancora l’aiuto fornito a Lorenzo Tinnirello, killer di Brancaccio, condannato anche per le stragi di mafia. Lo Manto faceva riferimento ad “una valigetta” con “soldi e due pistole”, quando “lui aveva un appuntamento però non era latitante ancora”.

Ci sono poi i legami con i Nuvoletta, potente famiglia mafia di Marano di Napoli con un ruolo di primo piano nella frode fiscale. Uno dei primi incontri sarebbe addirittura avvenuto nel febbraio 2012 all’interno dell’ospedale Garibaldi di Catania.

Ad un certo punto Lo Manto, ne sono convinti gli inquirenti, “ha avuto la capacità di riciclarsi quale business partner, capace di assicurare benessere economico e, quindi, decidere in autonomia di trasformare la propria appartenenza mafìosa da operativa in imprenditoriale”.

Lo stesso Lo Manto ad un amico raccontava di essere stato convocato dal genero di Alfano. Il capo mandamento della Noce voleva incontrarlo in maniera riservata. Fu allora che avrebbe preso la sua decisione perché “… tanti anni fa… tu delle scelte non le potevi fare… e tu eri in certi contesti ed eri obbligato a farli… le scelte oggi le puoi fare… la mia mafia… la trasformo in imprenditoriale… le porte sono sempre aperte… ci rispettiamo con chiunque perché io porto rispetto”.


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