Ce la faremo e poi? | Tutto dovrà cambiare

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21 Marzo 2020, 19:10

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Speriamo che quando tutto questo passerà si sia almeno imparato qualcosa.

Da settimane ormai siamo bombardati da innumerevoli messaggi e spontanee iniziative che ci spingono a memorizzare e determinarci in consequenziali comportamenti, il medesimo messaggio, che anche se viene in varia maniera articolato è essenzialmente sintetizzabile in: restiamo uniti, ce la faremo, presto tutto tornerà come prima. Nell’isolamento sociale ed economico che in questo momento stiamo obbligatoriamente vivendo, rispetto proprio a tali continue sollecitazioni, a mio avviso bisognerebbe porsi qualche domanda di sostanza che vada oltre la liquefazione del pensiero in cui siamo caduti ormai da troppo tempo.

Restare uniti rispetto a che cosa? Ce la faremo relativamente a cosa?, che cosa dobbiamo realmente superare per tornare come prima? Far tornare tutto come prima è la speranza più giusta a cui aggrapparsi?

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Già da tempo il fragile equilibrio che governa il rapporto tra la razza umana con il sistema pianeta, di cui vale la pena ricordare non siamo i soli ad usufruirne, ma che condividiamo con miliardi di altre forme di vita, ci lancia dei messaggi precisi. Un delicato equilibrio ormai perso dalla nostra capacità percettiva, liquefatta e resa distratta dalla quotidianità e dalle contingenze che ognuno di noi porta con sé, giorno per giorno, ora per ora, come un fardello ormai metabolizzato, come fosse l’unica e possibile condizione esistenziale di vita che ci viene offerta. Tutto ciò che sta capitando oggi ha scardinato la nostra effimera routine, ci urla chiaramente che la razza umana ha già da tempo intrapreso un percorso involutivo sia sociale che economico. Infatti l’attuale distorta concezione dell’economia, ormai ridotta a meri grafici e numeri, non è sganciata, ma anzi ne è diretta conseguenza, dall’eticità delle persone, di ogni singolo individuo. L’economia siamo noi, di per sé essa non è un’entità organicamente viva, mentre lo è chi ne determina la struttura, e se chi lo fa, lo facesse in maniera più etica e responsabile, rammentando che nella vita le uniche decisioni veramente giuste sono quelle che tengono conto degli altri, probabilmente non staremmo implodendo come di fatto progressivamente sta succedendo.

Ci siamo assuefatti su di un assioma fatalistico “ciò che deve essere sia e così deve rimanere” come se il cambiamento non dipendesse da ognuno di noi. Da tutto quello che sta succedendo dovremmo fermarci a riflettere e trarne un reale insegnamento. Ci apparirebbe chiaro come l’essenzialità della questione risiede nel fatto che bisognerebbe chiederci se ognuno di noi abbia commesso degli errori, se le nostre azioni sono state da troppo tempo confuse, stereotipate errate, false. Siamo solo sopravvissuti spinti via dalla corrente destinati a restare indietro senza voler comprendere alcun messaggio che il mondo esterno ci lancia, contando solo sulla buona sorte? O finalmente vogliamo capire che potremmo essere ad un reale giro di boa.

Ognuno auspica che finita questa crisi pandemica, torni tutto come prima. Io mi auguro che non sia così, ma che ognuno capisca che il dopo debba essere meglio del prima, che oggi oltre a fronteggiare la crisi sociale ed economica che si sta generando ci è anche concesso il tempo per ripensare a ciò che ognuno di noi potrebbe migliorare. La strada evolutiva non è collettiva ma individuale, non possiamo continuare a restare assiepati come un gregge. Adesso ci è data la possibilità di riprendere una piena consapevolezza di se stessi, ogni singolo individuo può contribuire a cambiare ciò che fino ad oggi ci è apparso immodificabile. Quando tutto questo sarà finito, non dobbiamo cadere nella trappola di auspicare ad un ritorno dello status quo, ma già da adesso contribuire a una nuova dignitosa eticità del vivere.

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21 Marzo 2020, 19:10

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