PALERMO – Un sequestro preventivo che non poteva essere adottato perché andava contro i principi del sistema processuale italiano. Il giudice per le indagini preliminari, infatti, ha accolto la richiesta della presunta parte offesa bypassando il ruolo imprescindibile del pubblico ministero.
Un sequestro nullo anche perché violava i principi costituzionali risolvendosi “in una indiretta e non consentita forma di censura”.
Con una duplice bocciatura il Tribunale del Riesame ha annullato il sequestro preventivo della pagina del quotidiano Livesicilia con un articolo che tirava in ballo, tra le altre cose, il maresciallo dei carabinieri Saverio Masi.
È stato il giudice per le indagini preliminari Nicola Aiello ad accogliere il mese scorso la richiesta di Masi che si riteneva diffamato dall’articolo pubblicato il 6 gennaio 2017 in sui si ricordava la condanna definitiva inflitta al capo scorta del pm Antonino Di Matteo per falso materiale e tentata truffa. Masi è anche il maresciallo per il quale il giudice Vittorio Alcamo ha ordinato l’imputazione coatta per calunnia nei confronti di un gruppo di ufficiali da lui accusati di avergli impedito di catturare pericolosi latitanti.
L’avvocato Marcello Montalbano, legale di Livesicilia, ha chiesto e ottenuto l’annullamento al Riesame (presieduto da Antonella Consiglio e composto dai giudici Emilio Alparone, relatore, e Giuseppina Cipolla).
Innanzitutto, il Collegio ha sottolineato l’assenza del passaggio obbligatorio della richiesta da parte del pubblico ministero. Il sequestro può essere di due tipi, probatorio e preventivo. Quello probatorio, cioè funzionale all’acquisizione della prova, può essere decretato dal pm. Per il sequestro preventivo – a cui si è fatto ricorso in questo caso – il pubblico ministero, invece, non può agire autonomamente, ma solo richiederlo al Gip. La procedura non è stata rispettata. E non per un vizio formale, ma per un motivo sostanziale.
Lo stesso pm, infatti, “ha ritenuto che non vi fossero gli estremi del sequestro probatorio per la mancanza dei necessari elementi conoscitivi che consentano di apprezzare l’effettiva rilevanza penale delle circostanze dedotte”.
Nella querela di Masi non sono state allegate proprio le sentenze, motivazioni incluse, che lo hanno condannato in via definitiva. Mancava il requisito del fumus commissi delicti, e cioè la probabilità dell’effettiva consumazione del reato. Tanto che lo stesso pm “ha ritenuto di non potere formulare neppure la richiesta di sequestro preventivo” e si è limitato a trasmettere gli atti al Gip..
“Il sequestro preventivo non poteva dunque essere adottato”, scrive il Riesame, citando una sentenza delle Sezioni unite della Cassazione che ha chiarito una volta e per tutte i dubbi interpretativi del passato: “È da escludere che la misura cautelare possa essere adottata d’ufficio o su richiesta della persona offesa contro la volontà del pubblico ministero in quanto l’iniziativa del pm costituisce una condizione imprescindibile”.
Non è tutto, perché secondo il Riesame, “il sequestro poi risulta nullo perché adottato al di fuori dei casi previsti dalla legge”, perché “la testata giornalistica telematica non può essere oggetto di sequestro preventivo in caso di commissione del reato di diffamazione a mezzo stampa, in quanto si tratta di prodotto editoriale sottoposto alla normativa di rango costituzionale”.
Come recita una sentenza della Cassazione richiamata dal Riesame va tutelata “la salvaguardia della libertà di informazione”.
*Aggiornamento ore 15.06
Il gruppo siciliano dell’Unci esprime soddisfazione per la decisione del Tribunale del Riesame di Palermo che ha annullato il provvedimento di sequestro di un articolo pubblicato nel gennaio scorso sul quotidiano online Livesicilia. Ricordando che l’ordinamento italiano offre gli strumenti necessari per replicare e rettificare quei contenuti che si ritengono diffamatori, è da condannare qualsiasi atto lesivo della libera circolazione delle informazioni. A chiedere il sequestro era stato Saverio Masi, carabiniere di scorta del pm Nino Di Matteo, che aveva ritenuto l’articolo diffamatorio, e le pagine internet che lo contenevano erano state oscurate su ordine del gip Nicola Aiello. Per il pm, che aveva respinto la richiesta, non c’erano invece gli estremi né del sequestro preventivo né di quello probatorio. Per i giudici del Riesame “è da escludere che la misura cautelare possa essere adottata d’ufficio o su richiesta della persona offesa contro la volontà del pubblico ministero in quanto l’iniziativa del pm costituisce una condizione imprescindibile”.