Valeria uccisa dalla chemioterapia | "Non c'era un farmacista in reparto" - Live Sicilia

Valeria uccisa dalla chemioterapia | “Non c’era un farmacista in reparto”

Nel 2011 una dose abnorme di medicinali uccise la donna di 34 anni durante una seduta di chemioterabia al Polilinico di Palermo. I testimoni confermano in aula che allora c'erano gravi inefficienze nel reparto di Oncologia.

PALERMO - IL PROCESSO
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PALERMO – Non c’era un farmacista a preparare i medicinali per la chemioterapia. Non c’era perché non era previsto che ci fosse quel maledetto 29 dicembre del 2011 in cui una dose abnorme di Vinblastina uccise Valeria Lembo. Novanta milligrammi rispetto ai nove prescritti stroncarono la vita, nel reparto di Oncologia del Policlinico di Palermo, della giovane donna, 34 anni, durante una seduta di chemioterapia per curare il morbo di Hodgkin, una forma tumorale dalla quale è possibile guarire.

A fare emergere in aula le inefficienze del reparto sono stata Anna Russo, oncologa dell’ospedale palermitano, e la caposala Anna Basile, chiamate a testimoniare al processo che vede imputati quattro medici e due infermieri per omicidio colposo. Il reparto venne chiuso per alcuni mesi dalla commissione nominata dall’allora assessore regionale alla Salute, Massimo Russo. Dopo la riapertura, solo dopo, la preparazione dei farmaci fu affidata, e lo è ancora oggi, a un farmacista. Gli ispettori allora scrivevano: “Non è formalizzato chi è autorizzato a prescrivere, a preparare e a somministrare i farmaci antiblastici. Le prescrizioni vengono effettuate prima di vedere i pazienti, trascrivendo quanto precedentemente riportato e non vengono controfirmate dal medico strutturato”.

Sotto processo ci sono l’ex primario del reparto di Oncologia del nosocomio, Sergio Palmeri, la dottoressa Laura Di Noto, oncologa e specializzanda in patologia umana, Gioacchino Mancuso, laureando in medicina, lo specializzando Alberto Bongiovanni (sarebbe stato lui a cercare di cancellare il numero 90 dalla cartella clinica ndr) e le infermiere Elena Demma e Clotilde Guarnaccia. Sono tutti accusati di omicidio colposo in concorso e tutti respingono le accuse sostenendo che fosse di altri e non di ciascuno di loro la responsabilità di evitare il macroscopico errore. Da Palmeri, difeso dall’avvocato Michele De Stefani, che punta sul fatto che non era neppure presente in reparto al momento della tragedia; alla Guarnacci, che tramite il suo legale, l’avvocato Salvino Pantuso, ha sempre sostenuto di essersi limitata ad eseguire quanto altri avevano prescritto. Così come la Di Noto (avvocati Marco Clementi e Stefano Cultrera) ha puntato il dito contro la disorganizzazione del reaprto.

La Russo ha puntualizzato in aula che gli infermieri professionali facevano il lavoro che spettava al farmacista. Circostanza confermata dalla Basile. Dalla deposizione dell’oncologa arriverebbe pure la conferma che nessuno si accorse della dose fuori controllo del farmaco che si stava per iniettare sulla povera Valeria.

Al processo sono costituiti parte civile il marito della donna, i genitori e il bimbo che quando morì la mamma aveva pochi mesi di vita. E non solo, perché, l’avvocato Marco Cammarata ha chiesto e ottenuto la costituzione di parte civile anche per gli zii e i cugini della vittima, partecipi, pure loro, del dramma familiare.


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