Quando il "falso pentito" disse: | "Ho incontrato Messina Denaro" - Live Sicilia

Quando il “falso pentito” disse: | “Ho incontrato Messina Denaro”

Parlò pure di Patrizia Monterosso. Ma in Procura c'era chi si fidava di lui.

PALERMO – Alcuni investigatori lo definivano già da tempo “inattendibile”. Addirittura “fantasioso”. Secondo altri, però, era giusto battere tutte le piste. Ciò che diceva Giuseppe Tuzzolino andava riscontrato punto per punto. E si arrivò allo scontro fra pubblici ministeri in Procura, a Palermo. Uno scontro ricostruito negli anni da Livesicilia.

La verità è che quando l’architetto-collaboratore di giustizia alzava il tiro diventava impossibile verificare se dicesse o meno la verità. L’ultimo episodio riguardava il mancato ritrovamento di un hard disk con le fotografie di Matteo Messina Denaro nella cassetta di sicurezza dell’appartamento che Tuzzolino aveva preso in affitto a New York.

I pm di Palermo avevano chiesto per scrupolo ai poliziotti americani di controllare. Nulla, la casa era stata affittata ad altri e dell’hard disk non c’era traccia. Una storia affascinante, ma impossibile da verificare, visto che Tuzzolino aveva lasciato l’appartamento nel 2012. In Procura, però, c’era chi riteneva possibile che il guardingo latitante si fosse lasciato fotografare in Spagna, Jugoslavia e Svizzera dove l’architetto sosteneva di averlo incontrato. Così come aveva pure raccontato delle apparizioni del padrino di Castelvetrano nel corso di alcune riunioni massoniche. Anche qui c’era chi storce il naso. Il fantasma Messina Denaro che si faceva vivo a casa sua, sfidando chi controllava e controlla ogni centimetro del territorio trapanese: impossibile.

Messina Denaro non è l’unico nome citato nei verbali di Tuzzolino. Sappiamo, ad esempio che ha parlato dell’ex governatore Raffaele Lombardo e di Patrizia Monterosso, segretario generale della Regione. E le sue dichiarazioni avevano, ancora una volta, del clamoroso. La Monterosso avrebbe fatto parte, ha detto Tuzzolino, di una loggia massonica di Castelvetrano che incassava una tangente del 5 per cento su ogni impianto fotovoltaico realizzato nel Trapanese. I soldi sarebbero finiti in tasca alla Monterosso che avrebbe fatto da mediatore fra la massoneria di Trapani e l’ex presidente della Regione.

Tutte dichiarazioni già datate e mai riscontrate. I pm della Direzione distrettuale antimafia di Palermo che si occupano delle cosche agrigentine consideravano Tuzzolino inattendibile tanto da averlo “mollato”. Chi, invece, non ha mai abbandonato le piste da lui tracciate è stato il procuratore aggiunto Teresa Principato che prima di approdare alla Direzione nazionale antimafia coordinava le indagini sulla cattura di Mattero Messina Denaro e che vedeva nell’ombra della massoneria una delle possibili chiavi di lettura della eterna fuga del latitante. Con l’arrivo del nuovo procuratore Francesco Lo Voi le piste tracciate da Tuzzolino sono state messe definitivamente da parte. Basta con le perdite di tempo. Principato non ha gradito e prima di lasciare Palermo per Roma è entrata in rotta di collisione con il capo dell’ufficio.

Il nome di Tuzzolino finì coinvolto in un’inchiesta giudiziaria nel 2013. Era al centro del malaffare che ruotava attorno al rilascio di una sfilza di concessioni edilizie nel comune di Palma di Montechiaro. Dopo il carcere, l’architetto trentacinquenne patteggiò una condanna e iniziò a parlare con i pubblici ministeri agrigentini. I suoi racconti, però, hanno finito per sconfinare dalla città dei templi ed è stato necessario attivare i magistrati della Dda palermitana che si occupano delle indagini sulle cosche di Palermo, Trapani e Agrigento.

Tuzzolino ha ricostruito affari e interessi economici illeciti, e si era pure beccato una serie di denunce per calunnia. Contro di lui si era scagliato persino il ex difensore, l’avvocato Salvatore Pennica. con tanto di registrazione che aveva fatto emergere l’intento dell’aspirante pentito di utilizzare le sue dichiarazioni per togliersi qualche sassolino dalle scarpe. Qualche tempo fa gli investigatori andarono nello studio di Pennica a caccia di un pen drive che, a detta sempre di Tuzzolino, doveva contenere materiale importante. Il legale mise a disposizione degli investigatori molto più di quello che gli era stato chiesto di mostrare. Anche allora, come nel caso di New York, le ricerche finirono con un nulla di fatto.

Per rendere ancora più complicata la faccenda. ecco spuntare il più classico degli anonimi. Alla Procura di Palermo fu recapitata una lettera con minacce di morte indirizzate alla Principato, al procuratore di Trapani Marcello Viola (anche lui ha interrogando il collaboratore), a Tuzzolino e al finanziere che raccolse le sue prime dichiarazioni. I pm di Caltanissetta eseguirono degli accertamenti tecnici irripetibili sulla busta e sulla lettera a caccia di impronte. Lo stesso Tuzzolino raccontava che Viola e la Principato erano finiti nel mirino della mafia. Ed è probabilmente questo il contesto in cui è maturato l’arresto dell’architetto.

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