CATANIA – “Coloro che dovessero frequentare celebrazione della cosiddetta Chiesa Cattolica Ecumenica si pongono fuori dalla comunione della Chiesa Cattolica”. Insomma, non è tecnicamente una scomunica, ma poco ci manca. Così termina la lettera che il vescovo Nino Raspanti ha inviato il luglio scorso ai fedeli della comunità diocesana di Acireale. Da allora, però, lo sgomento e la curiosità paiono non attenuarsi tra la gente.
Quello del capo della chiesa acese è un vero e proprio colpo di pastorale (si fa per dire) verso chi non ha notato alcuna differenza tra i clargyman dei ministri ecumenici sbarcati in area etnea e quelli dei sacerdoti obbedienti a Roma. “Indossano abiti ecclesiastici e celebrano azioni liturgiche simili a quelli della Chiesa Cattolica”, è infatti l’avvertenza episcopale. Ma “i loro sacramenti sono invalidi e illeciti, in quanto celebrati da persona che non hanno alcun vincolo con essa e non sono fedeli al Papa”, si legge ancora nella missiva. Il vescovo ha dunque parlato: i fedeli acesi sono tutti avvisati.
Sembra dunque una contesa dal vago sapore tardo medievale. Dietro però c’è tanta, tantissima, modernità e nel senso più vasto del termine. Perché se differenza vi è con Roma, pare vertere a tutta prima sul celibato dei preti, sulle ordinazioni femminili, e sui matrimoni omosessuali. Sarà forse un caso, ma il vescovo degli ecumenici di Sicilia è Agostino De Caro, ovvero l’ex presidente dell’Arcigay di Agrigento. “La nostra storia nasce da vocazioni cattoliche romane, che la prova di un clero pesante e poco lungimirante ci hanno oppresso e maltrattato fino all’inverosimile: facendoci abbandonare seminari, istituti religiosi e percorsi vocazionali già avviati”, aveva scritto De Caro al vescovo di Teramo-Trani, Michele Seccia, a seguito di una delle primissime prese di posizione sul fronte romano. La Chiesa Ecumenica è una realtà giovane che nasce negli Stati Uniti nel 1987 e aderisce al Movimento cattolico indipendente.
Cattolici sì, nonostante il Vaticano. Si definiscono con forza così, tanto da pregare sugli stessi libri liturgici e professare i medesimi dogmi di Roma, riconoscendo addirittura il primato “d’onore” petrino, ma non la sua autorità giurisdizionale. Mentre sulle questioni etico morali sono assai flessibili. Oltre il nodo dei matrimoni omosessuali, tra gli ecumenici è possibile trovare divorziati risposati ammessi alla comunione e anche alle seconde nozze. Tollerano la contraccezione libera, ma sull’aborto dicono: “No, non siamo favorevoli”.
“Ha fatto bene Raspanti a intervenire con chiarezza sulla questione”, dice a LiveSicilia Riccardomario Patti, sacerdote ecumenico. Acese di 25 anni, non ci gira attorno: “Siamo due realtà distinte rispetto alla Chiesa di Roma ed è giusto che la gente lo sappia. Ma noi cristiani dobbiamo lottare per l’unità, non scontrarci”. Unità ecumenica sì, ma nella divisione: una contraddizione, forse? “Chi viene da noi sa che siamo scismatici, non ci nascondiamo affatto”. Intanto, a fine agosto, la diocesi acese dovrà fare i conti con un secondo sacerdote della nuova Chiesa. Prossimo a prende i voti c’è infatti un giovane ripostese che nel frattempo sta studiando a Licata sotto la guida di De Caro. “Noi siamo per la dottrina dell’Amore, per una chiesa che non giudica e accoglie tutti. Sì, la nostra è una chiesa progressista”, spiega ancora Patti.
“I nostri sacramenti sono validi, anche se per Roma illeciti. Possiamo dimostrare la nostra continuità apostolica”, dice il prete acese. Cresce quindi la piccola comunità, superando anche il territorio delle Aci. “A Librino ci sono delle famiglie a cui facciamo la carità, ma non sono con noi”, spiega Patti che però, nonostante la disciplina della Chiesa Ecumenica lo consenta, non ha intenzione di metterne su una propria: “No, non è nella mia vocazione”. Per il futuro c’è semmai l’obiettivo di trovare un luogo stabile per le celebrazioni.