Le recenti dichiarazioni del segretario di Stato vaticano cardinale Tarcisio Bertone in Cile sul rapporto tra omosessualità e pedofilia hanno, ancora una volta, acuito la tensione tra la Chiesa cattolica e l’universo omosessuale.
Nulla di nuovo a dire il vero: tra Chiesa e mondo omosessuale non è mai corso buon sangue e i rapporti sono sempre stati minimi e bellicosi, così da rendere ogni dibattito su Chiesa e omosessualità del tutto improduttivo e destinato il più delle volte ad impantanarsi in condanne degne del Liber gomorrhianus da un lato e stantie invettive anticlericali dall’altro. E’ pur vero che la tematica Chiesa e omosessualità è vasta e complessa e molto spesso se ne parla in maniera riduttiva e banale, così sembra oggi necessario non dire parole nuove su questo argomento ma cominciarne a parlare in modo diverso, e di questa esigenza devono farsi appunto carico, se vogliono dare un contributo costruttivo alla società post-moderna, la Chiesa cattolica e il mondo omosessuale. Cosa significa parlare in modo diverso di Chiesa e omosessualità? Significa che Chiesa e mondo omosessuale devono svuotare i loro arsenali retorici, abbandonando frasi fatte e irremovibili posizioni, e cominciare, non è mai troppo tardi, a guardarsi negli occhi e scorgere nell’altro non un nemico ma una “persona” che pur con opinioni e sentimenti diversi rimane un soggetto degno di rispetto ma soprattutto una inaspettata possibilità di ricchezza esistenziale.
Si tratta dunque di una vera e propria rivoluzione copernicana che gioverebbe tanto alla Chiesa quanto al mondo omosessuale. Quest’ultimo, nonostante secoli di odio e discriminazione, dovrebbe trovare la forza di una memoria purificata che gli permetta di non rispondere all’odio con l’odio e alla discriminazione e all’intolleranza con comportamenti analoghi e dovrebbe avere la capacità di uscire dal ghetto delle macchiette vocianti che popolano i salotti tv e che degradano troppo spesso le ragioni degli omosessuali. Ma forse il compito più arduo è quello della Chiesa. Credo che per la Chiesa cattolica non si tratti di cambiare “opinione”, né di gettare alle ortiche la propria tradizione teologico-morale ma è senza dubbio una questione di fedeltà al Vangelo, un Vangelo che è silenzioso sul tema dell’omosessualità. La condanna morale dell’omosessualità è infatti contenuta in alcuni passi dell’Antico Testamento, specie il Levitico, e per quanto riguarda il Nuovo Testamento nell’epistolario paolino mentre c’è un silenzio assoluto da parte dei quattro Vangeli. Il silenzio dei Vangeli sul tema mi ha sempre fatto pensare perché è un silenzio eloquente dal quale credo che i credenti possono sicuramente imparare qualcosa: non è un silenzio assenso, ma è il silenzio del Cristo, quel silenzio che Gesù fece davanti alla donna adultera che scribi e farisei volevano lapidare, il silenzio del perdono, dell’accoglienza e della tenerezza di Dio per tutti gli uomini e le donne. Il silenzio si configura allora per credenti ma anche per i non credenti come un balsamo salutare, come una dimensione necessaria per riscoprire un’autentica umanità che rispettosa e silenziosa si accosta ad ogni persona come ad un sacrario e si stupisce per i grandi tesori che ciascuno custodisce nel profondo del proprio cuore. Scriveva Antoine de Saint-Exupéry in quel piccolo e grande libricino che è “Il piccolo principe” che “non si vede che col cuore, l’essenziale è invisibile agli occhi”, vedere col cuore è possibile solo se riusciamo a fare silenzio davanti ad ogni uomo e ad ogni donna consapevoli che ciascuno indipendentemente dal proprio credo, dalla razza, dall’orientamento sessuale e dalle idee politiche porta con sé questo essenziale invisibile che ci rende tutti unici e preziosi e che può consentirci di affrontare ogni problema con uno spirito nuovo che superi la semplice contrapposizione e che ci consenta, fermo restando il rispetto delle fedi e delle idee, di fare sempre il bene della persona umana.
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