Parigi, 04/04/2013. Jérôme Cahuzac, ministro del Budget del governo Jean-Marc Ayrault, sotto la presidenza di François Hollande, a dicembre scorso è stato accusato da un giornale online (Mediapart) di possedere dei conti nascosti all’estero di 600 mila euro, tra Svizzera e Singapore. Inizialmente dichiaratosi innocente, il politico si è dimesso il 19 marzo scorso a seguito dell’apertura delle indagini a suo carico per occultamento di frode fiscale.
Il 2 aprile Cahuzac ha ammesso l’esistenza di questi conti e ha annunciato il prossimo rimpatrio dei denari in Francia. Il segretario del Partito Socialista, Harlem Désir, l’ha espulso il giorno dopo. Da destra a sinistra, tutti i politici francesi hanno espresso la loro indignazione. Il Presidente Hollande, invece di proteggere il suo ministro, non gliele ha mandate a dire: “Egli ha ingannato le più alte autorità del Paese: il capo dello Stato, il governo, il Parlamento e attraverso questo tutti i Francesi”, giudicando il comportamento di Cahuzac “uno sbaglio imperdonabile” nonché un “oltraggio ai danni della Repubblica”.
Al di là delle dovute parole, che noi ci sogniamo solo nelle nostre visioni oniriche più spinte, il presidente della Repubblica d’oltralpe ha proposto i seguenti provvedimenti: 1) rinforzare l’indipendenza della giustizia, 2) lottare contro i conflitti d’interesse, rendendo sistematica la pubblicazione e il controllo del patrimonio degli eletti e dei membri del governo, 3) interdire ogni mandato pubblico agli eletti che sono stati condannati per frode fiscale. (Nota bene: si tratta di un inasprimento di leggi già esistenti; nulla a che vedere con il perenne anno zero dell’Italia, dove simili leggi sono state cancellate o non sono mai state realizzate)
Malgrado tale rigore sia richiesto a gran voce anche in Italia dai giornalisti nei loro pezzi e dai cittadini nelle loro manifestazioni, esso però non desta gaudio le poche volte che viene applicato. Peccato infatti che gli italiani non siano abituati a questa severità da parte dei partiti nei confronti dei propri eletti: quando qualcuno, magari per regolamento, se la prende con i “suoi” per ricordargli che devono essere i primi a dare l’esempio, viene scambiato per un despota e accusato di fascismo. È più forte di noi: mi fa pensare al piccolo aneddoto che Beppe Severgnini racconta nel suo, Un italiano in America, a proposito della doccia.
Gli americani, come saprete, adorano pulirsi ben due volte al giorno con un getto d’acqua che gli ricordi le cascate del Niagara. Ma le recenti norme sul risparmio energetico impongono dei fori più piccoli, il che evidentemente indebolisce il getto. L’idraulico di Severgnini si offre allora di montargli un vecchio showerhead per dieci dollari. Il giornalista accetta. L’idraulico torna l’indomani, monta la pigna della doccia vecchio modello e guarda soddisfatto il flusso che viene giù con “violenza selvaggia”. Al che si rivolge a Severgnini, e gli stampa una domanda che fa la fotografia al nostro Paese: “Dimmi la verità, italiano. Non ti piace perché è forte. Ti piace perché è illegale”.
Mmmh, in Francia il panorama è un attimino diverso. In questo momento i cittadini sono talmente adirati (è dire poco) con Hollande che vorrebbero addirittura le dimissioni dell’intero blocco socialista. Ecco la differenza fra un’opinione pubblica semi-analfabeta (http://www.lettera43.it/cronaca/studio-dell-ocse-meta-degli-italiani-e-analfabeta_4367589609.htm) e anarcoide, come la nostra, e una che invece si nutre di giornali e che è sostanzialmente non adusa alla corruzione e ai compromessi. Quando si dice che ogni popolo si merita i politici che ha, si intende proprio questo: è quanto meno paradossale pretendere dai nostri eletti che siano migliori di noi. Ma quando ciò accade, ci si indigna (che?) e si protesta (boh?). Chi da noi tenta l’impresa impossibile d’invertire la rotta a partire proprio dal Parlamento, forse non andrebbe attaccato, ma incoraggiato. (Ah, come mi piace sprecare fiato, ancorché digitale!)