Ancora intimidazioni a Massimo Ciancimino, il figlio del sindaco del ‘Sacco di Palermo’. Da quando ha cominciato a parlare con gli inquirenti che tentano di ricostruire le vicende attorno alle stragi del ’92 e alla cosiddetta trattativa fra Stato e Cosa nostra, è diventato un bersaglio.
Lettere anonime e benzina nel cofano dell’auto. Segnali inequivocabili che lo stesso Ciancimino, condannato a 5 anni e otto mesi per aver riciclato parte del ‘tesoro’ del padre, ha denunciato alle forze dell’ordine. Fino a ieri è stato sentito per tre ore dai pm della Dda di Palermo. Già durante l’estate Ciancimino aveva avuto assegnata una “tutela” dopo che qualcuno l’aveva seguito durante il tragitto fra l’aeroporto di Punta Raisi e la sua abitazione. Massimo Ciancimino ha chiesto di produrre nel suo processo di appello, di fronte alla quarta sezione della corte di Palermo, alcune intercettazione di inchieste antimafia archiviate in cui, a suo parere, emergerebbe la sua volontà di “dire la verità”.
A.C.