Cittadella giudiziaria, respinto anche il ricorso di cittadini e M5s - Live Sicilia

Cittadella giudiziaria, respinto anche il ricorso di cittadini e M5s

L'intervento, scrivono i giudici, "interessa un'area già completamente antropizzata". E, di più, a opporsi non può essere chi vive fuori città.

CATANIA – Respinto. Con una sentenza depositata il giorno successivo all’udienza in cui la causa è stata discussa. Il ricorso dell’Osservatorio delle politiche urbane e territoriali e di diversi esponenti del Movimento 5 stelle contro la Cittadella giudiziaria di Catania è stato rigettato (e in parte ritenuto “inammissibile”) dai giudici del Tar del capoluogo etneo. Si trattava di uno degli ultimi tasselli giudiziari contro la costruzione del nuovo Palazzo di Giustizia, al posto del demolito Palazzo delle Poste, in viale Africa.

Nelle trenta pagine con le quali i giudici amministrativi passano in rassegna il ricorso dell’Osservatorio e dei pentastellati, firmato dallo studio legale Giurdanella & Partners, il primo dei punti da dirimere è la legittimazione dell’azione legale. Se, cioè, l’Osservatorio delle politiche urbane e territoriali e gli allora consiglieri comunali e deputati regionali e nazionali M5s avessero il diritto di portare la costruzione della Cittadella giudiziaria di fronte ai giudici amministrativi.

“Meramente strumentale”

L’Osservatorio, commenta il collegio del Tar, è stato costituito il 14 settembre 2019. Cioè solo tre giorni prima del 17 settembre di quell’anno, data in cui il Consiglio comunale di Catania ha adottato la delibera riguardante il “progetto di fattibilità tecnico-economica” della Cittadella giudiziaria, in variante al Piano regolatore generale. Cioè uno degli atti di cui i ricorrenti chiedono l’annullamento. “Circostanza – scrivono i giudici nella sentenza – che potrebbe fare pensare come meramente strumentale all’azione giudiziaria” la creazione dell’Osservatorio. E però, prosegue il collegio, citando il Consiglio di Stato, l’elemento temporale “non ha rilevanza decisiva in senso negativo“.

Ciò che rileva è, invece, il ruolo dei Consiglieri comunali. A firmare il ricorso sono stati, ai tempi, Emanuele Nasca, Valeria Diana, Lidia Adorno e Graziano Bonaccorsi. Tutti componenti del gruppo consiliare pentastellato dell’epoca. “In linea di principio – dice il Tar – il Consigliere comunale, come tale, non è legittimato ad agire contro l’Amministrazione di appartenenza“. Perché gli strumenti che ha a disposizione un consigliere sono quelli previsti dalla democrazia: non importa che si siano opposti all’approvazione della delibera. Perché il resto del Consiglio l’ha votata e valutata positivamente.

Nessuna “patente” per usare il Tar

Ragionamento simile vale per le onorevoli Gianina Ciancio (ai tempi deputata Ars), Maria Laura Paxia, Eugenio Saitta e Simona Suriano (allora deputati nazionali): “La posseduta qualità di onorevoli – dice il Tar – […] non conferisce agli stessi alcuna particolare patente per assumere iniziative a (soltanto asserito) beneficio” dei cittadini catanesi. C’erano l’Ars e la Camera dei deputati per intervenire sulla Cittadella della giustizia, il Tribunale amministrativo regionale si occupa di altro. Come si legge più avanti: “Sono state proposte a critica, nel merito, le scelte compiute dai soggetti pubblici“. Un cosa che è “fuori dal perimetro” di ciò che un giudice può fare.

Senza contare che ai pentastellati manca anche una “vicinitas legittimante“. Cioè la vicinanza fisica al tema proposto: nessuno di loro abita “in prossimità del luogo dove l’intervento contestato avrebbe dovuto essere realizzato”. Addirittura uno vive a Trecastagni, uno a San Pietro Clarenza, uno perfino a Scordia, “un paese assai distante dal capoluogo di provincia”, osserva il collegio.

Il “carico urbanistico” e il waterfront

Anche sui motivi tecnici, per Osservatorio e Cinquestelle è una débâcle. Piuttosto che le osservazioni sul “carico urbanistico su una zona già allo stato problematica”, il Tar di Catania ritiene di accogliere le osservazioni di Palazzo degli elefanti. Dice il municipio: il Palazzo delle Poste era un “centro postale con funzioni di centro meccanizzato per la Sicilia orientale“. Era, cioè, una struttura regionale, aperta al pubblico, pensata nel 1979, quando già c’era un Piano regolatore generale e mancavano, invece, la metropolitana FCE e le linee urbane della Ferrovia dello Stato (Picanello – Europa – Stazione Centrale). “Inoltre – scrive il Comune – sono previsti nuovi parcheggi in piazza della Repubblica (350 metri)“. Che il parcheggio di piazza della Repubblica sia stato bloccato proprio dal Tar e che ancora, nonostante gli annunci ormai vecchi di anni, non sia ripartito è un altro discorso.

Pure il waterfront lascia il tempo che trova, dice il documento del Tar. Perché la riqualificazione di quel tratto di viale Africa “interessa un’area già completamente antropizzata“. Con una costa che, “per ampio tratto” è “attraversata dai binari” e comunque “costituita da una scogliera a precipizio sul mare (così da rendere arduo comprendere come essa possa essere resa fruibile dall’intera comunità”. Il mare si vedrà benissimo dalle terrazze previste nei rendering della nuova Cittadella giudiziaria. Che, del resto, è solo la “demolizione e ricostruzione di un preesistente edificio”, non può essere una scusa per “riconquistare” una porzione di città “già modificata dall’impatto antropico”.


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