CATANIA – Ribaltata la sentenza di primo grado del processo Atlantide scaturita dal primo capitolo dell’inchiesta che aveva portato nel 2006 a scoperchiare gli affari sommersi di quello che l’accusa ha definito il clan Pillera Puntina. In primo grado (2010) coloro che erano ritenuti i vertici del gruppo criminale furono assolti e il collegio giudicante, nelle motivazioni, aveva messo in dubbio anche l’esistenza di una cosca Pillera. La Terza Sezione della Corte d’Appello di Catania, presidente Costa, ha riformato il verdetto del Tribunale con una serie di condanne per associazione mafiosa. Nove anni per Giacomo Maurizio Ieni e Corrado Favara. Sei anni per Vincenzo Rapisarda, Riccardo Romano Di Mauro e Silvio Battaglia. Esclusa per tutti l’aggravante della finalità economica del reimpiego dei capitali illeciti dell’associazione mafiosa.
Sentenza di assoluzione per Orazio Di Mauro, Francesco Condorelli e Antonino Coniglio. Antonino Coniglio, difeso dall’avvocato Licinio La Terra Albanelli, nel 2006 era stato arrestato con l’accusa di associazione mafiosa. Reato che era già caduto in primo grado. All’imputato era stato contestato il reato di droga: la Corte lo ha riqualificato in un reato più lieve (droghe leggere) ed è quindi scattata l’avvenuta prescrizione.
Pene più lievi rispetto a quelle chieste dall’accusa, rappresentata dall’ormai procuratore aggiunto di Messina Giovannella Scaminaci e dal Pg Miriam Cantone. Per Nuccio Ieni era stata chiesta la condanna a 15 anni. Il difensore, l’avvocato Enrico Trantino, aveva chiesto la conferma dell’assoluzione di primo grado. Nella sua arringa aveva smontato pezzo per pezzo la tesi accusatoria ritenendola “destituita di fondamento”. Pena di 15 anni era stata chiesta per Corrado Favara, difeso dagli avvocati Francesco Strano Tagliareni e Francesco Antille. Quattordici anni era stata la richiesta per Riccardo Romano Di Mauro, assistito dagli avvocati Ignazio Danzuso e Vito Distefano. A Orazio Di Mauro, difeso dagli avvocati Francesco Coco e Francesco Antille, le Pg avevano chiesto tredici anni e sei mesi. La Corte però – come detto – ha assolto l’imputato. Il difensore di Giacomo Ieni, l’avvocato Enrico Trantino, aveva chiesto la conferma dell’assoluzione di primo grado. Nella sua arringa aveva smontato pezzo per pezzo la tesi accusatoria ritenendola “destituita di fondamento”.
L’istruttoria dibattimentale è stata nuovamente aperta dopo il ricorso della Procura avverso alla sentenza di primo grado. Nel corso del processo sono stati riascoltati testimoni e collaboratori di giustizia citati durante il procedimento di primo grado ma si è svolto anche l’esame di nuovi testi. Il magistrato Giovannella Scaminaci ha interrogato inoltre i pentiti Giuseppe Laudani, ex capomafia dell’ominimo clan, Gaetano D’Aquino e Eugenio Sturiale (dei Cappello) che hanno sviscerato i rapporti avuti con la cosca.
L’indagine della Squadra Mobile era scattata nel 2004 dopo alcuni controlli serrati su un trafficante di droga.. La polizia era arrivata a intercettare Gaetano Ruccella che aveva il “vizio” di parlare tanto. Le cimici piazzate dagli inquirenti registrano le “confessioni” di colui che è diventato uno dei pentiti chiave del processo Atlantide. A chiudere il cerchio Maurizio Cesare Toscano (altro teste del procedimento) arrestato in Romania nel 2006, diventato collaboratore di giustizia.