Pizza, vino e droga: mille clienti | Quelle notti bianche a tutta coca - Live Sicilia

Pizza, vino e droga: mille clienti | Quelle notti bianche a tutta coca

Il consumo è dilagante. "Faccio bancomat, vieni in studio". Le intercettazioni e i clienti

PALERMO – Dicembre 2016. Una coppia è seduta al tavolo di una delle pizzerie più apprezzate della città. L’uomo prende il telefonino e compone il numero di Antonino Di Betta, uno dei cinque arrestati del blitz antidroga della Squadra mobile di Palermo.

Quel telefono era sotto controllo e ha registrato una delle tantissime ordinazioni di cocaina. I numeri fotografano un fenomeno dilagante. I clienti censiti sono stati quasi mille. Poi, ci sono quelli non identificati che fa schizzare ad oltre seicento il numero dei consumatori. Uomini e donne, un magistrato che lavora fuori città, avvocati, commercianti, assicuratori, gestori di pizzerie, ristoranti e botteghe di generi alimentari molto conosciuti in città, assistenti di volo, studenti, un dentista e forse anche un carabiniere: l’inchiesta svela livelli preoccupanti di consumo di cocaina.  In pochi mesi gli agenti coordinati dal procuratore Francesco Lo Voi e dal sostituto Maurizio Agnello hanno registrato ottanta richieste di droga al giorno, che raddoppiavano nei giorni festivi, finendo col toccare quota 22 mila conversazioni in appena due mesi. Oltre cinquemila messaggi. Veniva spacciata un chilo di cocaina al mese che giungeva dai mercati, calabrese e campano, per un giro d’affari di 400 mila euro. Il capitolo investigativo sugli approvvigionamenti resta aperto. Di Betta e Stefano Macaluso avevano un gran bel da fare per accontentare i clienti, di cui una buona fetta era composta da avvocati, giovani e meno giovani, ora segnalati alla Prefettura come consumatori.

Il telefono di servizio dei pusher era attivo 24 ore su 24. Le consegne erano immediate, gli spacciatori si muovevano in sella a scattanti scooter modello Honda Sh. Consegne immediate, ma anche alla luce del sole. Spacciatore e consumatori non si infrattavano in luoghi bui e isolati. Sceglievano locali molto frequentati e strade affollate. Di sera, ma anche durante la pausa pranzo. Si mescolavano fra la gente, credendosi forse al di sopra di ogni sospetto. Frequentavano i locali più alla moda. Ed invece i poliziotti si erano appostati a poche decine di metri da loro.

Leggere i passaggi delle intercettazioni significa instillare il dubbio che uno dei tanti episodi di spaccio possa essere avvenuto sotto i nostri occhi. “In via Mazzini”, “al tennis”, “al bowling”, “in via Sciuti”, “al Politema”, “al Motel Agip”: Macaluso e soci non temevano di essere scoperti.

Le intercettazioni sono zeppe di nomi di strade ma anche di pub, enoteche, bar, ed altri esercizi commerciali dove venivano fissati gli appuntamenti. Per non parlare degli indirizzi degli studi legali, molti nella zona del Palazzo di giustizia, e delle abitazioni dei tanti avvocati-clienti. Il loro non era un consumo occasione, ma un’abitudine. Le cimici dei poliziotti hanno registrato 50, 70, 90 contatti fra ogni singolo avvocato e il pusher. Un paio di dosi costavano cinquanta euro.

“… vado a fare bancomat e ci vediamo sotto lo studio”, diceva un legale. Ce n’è abbastanza per sostenere che “gli acquirenti cercavano insistentemente i pusher – si legge nel provvedimento del giudice per le indagini preliminari Guglielmo Nicastro – chiedendo loro una o più dosi e dichiarandosi pronti a consegnare il denaro dandosi appuntamento nei pressi dei rispettivi studi legali ovvero nei locali pubblici centro della cosiddetta movida palermitana.


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