ROMA – Il verdetto era nell’aria, dopo che il Pg aveva chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza di “non luogo a procedere” di Mario Ciancio dall’accusa di concorso esterno all’associazione mafiosa.
La Cassazione non condivide il verdetto del giudice Bernabò Distefano di Catania, che aveva ritenuto non esistente il reato di concorso esterno. Adesso il faldone torna al Gip, che dovrà celebrare l’udienza preliminare e riaprire il processo.
Una vittoria della Procura e dell’accusa, retta dai pubblici ministeri Antonino Fanara e Agata Santonocito.
Carmelo Peluso, legale di fiducia di Ciancio, contattato da Livesicilia spiega: “Riproporremo con pazienda gli stessi argomenti al nuovo giudice nella certezza che non esiste alcuna prova della colpevolezza dell’imputato”. “Comunque – conclude Peluso – appare doveroso attendere le motivazioni con cui la Corte ha annullato la sentenza”.
L’editore era stato prosciolto dal giudice Bernabò Distefano che aveva stabilito il “non doversi procedere nei confronti di Ciancio Sanfilippo Mario in ordine all ‘imputazione allo stesso ascritta perché ilfatto non è previsto dalla legge come reato”. Di contro, i pubblici ministeri catanesi Fanara e Santonocito avevano deciso di ricorrere in Cassazione, sostenendo che la sentenza applicava “erroneamente la legge penale allorchè ritiene astrattamente non configurabile il concorso esterno nel reato di associazione mafiosa e non individua gli esatti confini delle fattispecie di concorso esterno e di concorso interno nell’associazione mafiosa”. “Manca la motivazione -scrivevano ancora i pubblici ministeri- della sentenza nella valutazione di alcuni elementi probatori essenziali e la stessa è, per altri versi, illogica”.
E ancora, “la sentenza viola i limiti cognitivi propri della fase processuale laddove, come si è evidenziato, si spinge oltre i limiti della prognosi circa la non utilità del dibattimento nella direttrice della innocenza/colpevolezza dell’ imputato”.
I pubblici ministeri contestavano la ricostruzione giuridica del giudice Bernabò, sostenendo che “il Giudice si è posto in via pregiudiziale il quesito se “sia previsto nell ‘ordinamento giuridico italiano il cosiddello concorso esterno in associazione mafiosa” ed ha ritenuto che a tale quesito si debba “dare risposta negativa”.