Condanna per i "soldati" di Aiello |9 anni per l'imprenditore Motta - Live Sicilia

Condanna per i “soldati” di Aiello |9 anni per l’imprenditore Motta

Sette condanne e quattro assoluzioni: la sentenza del processo abbreviato Caronte. (Nella foto un frame delle immagini del Ros durante le indagini)

Clan Santapaola - Ercolano
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CATANIA – Condanne pesanti, che superano anche le richieste dei pm Antonio Fanara e Agata Santonocito, quelle inflitte dal Gup Francesco D’Arrigo a sette degli undici imputati del processo abbreviato Caronte, scaturito dalla maxi inchiesta dei Ros che ha svelato intretti tra cosa nostra, politica e imprenditoria. Un piccolo mormorio di “stizza” è arrivato dalla gabbia dei detenuti dell’aula II della Corte d’Assise quando il giudice ha letto la pena a 13 anni e 4 mesi per Rosario Bucolo, una delle “scorte” armate del boss dei Santapaola Ercolano Vincenzo Aiello rinviato a giudizio nel troncone del processo ordinario che si sta celebrando a Bicocca. La pena più pesante è per Natale Raccuia: 14 anni e 8 mesi, a seguire Camillo Pulvirenti 13 e 4 mesi, Cesare Marletta 12 anni, 1 anno e 4 mesi (pena sospesa) rispettivamente per Davide Pappalardo e Santo Floridia. Condannato a 9 anni di reclusione Carmelo Motta: il gestore delle macellerie degli hard discount Fortè avrebbe “favorito” gli interesssi dei Santapaola. L’accusa è di concorso esterno. Il Gup ha disposto la confisca delle quote delle società Due Emme srl, La Gema srl e So.Me.Ca. Srl, riconducibili a Motta. Assolto con la formula perchè “il fatto non sussiste” l’altro imprenditore imputato nel processo, Giovanni Malavenda. Gli altri tre assolti sono Giovanni Pastoia, per il Gup “non ha commesso il fatto”, Alfio Catania e Luigi Calascibetta.

I boss di Cosa nostra e i “rappresentanti” di quella che era stata battezzata la “cupola dei trasportatori” stanno affrontando il processo ordinario che si sta svolgendo nell’aula bunker di Bicocca. Ieri si è svolta una delle udienze. Alla sbarra – come detto – il “gotha” dei Santapaola – Ercolano: Marco Anastasi, Alfio Aiello, Enzo Aiello, Giovanni Benvenuto, Maurizio Benvenuto, Fabio Brusca, Andrea Bucolo, Bernardo Cammarata, Sergio Cannavò, Francesco Caruso, Stefania Di Napoli, Pietro Di Napoli, Concetto Di Stefano, Cosima Ercolano, Mario Ercolano, Enzo Ercolano, Giacomo Greco, Francesco Guardo, Michele Guardo, Orazio Lo Faro, Santo Massimino, Carmelo Motta, Orazio Patanè, Giuseppe Scuto, Salvatore Scuto, Francesco Strano, Eleonora Virga, Giuseppe Virga, Pietro Virga e Augusto Zuccarello.

L’inchiesta Caronte ha permesso di analizzare l’evoluzione della famiglia “Santapaola- Ercolano” anche a seguito delle indagini Dionisio, Nemesi, Iblis ed Efesto. Ancora una volta l’organizzazione dello “zio Nitto” dimostra “una forte vocazione imprenditoriale e manageriale” degli affari criminali. E l’interesse di Cosa nostra arriva alla logistica marittima: da qui il nome Caronte, il personaggio dantesco che accompagnava le anime per raggiungere le rive infernali.

Il ruolo di “stratega” dei trasporti lo avrebbe Vincenzo Ercolano, con il supporto di altri due impreditori (processati tutti e tre con rito ordinario) Francesco Caruso e Giuseppe Scuto. I due sono i fondatori di un partito, il PNA (Caruso era il segretario politico e Scuto il presidente). Nelle elezioni europee del 2009 i camion aderenti al “Partito Nazionale degli Autotrasportatori” furono utilizzati per l’ex presidente della Regione, Raffaele Lombardo. Caruso sarebbe anche stato l’intestatario fittizio dei Servizi Autostrade del Mare. Per il “Ros” il progetto aveva dietro la mente criminale di tre boss: Vincenzo Ercolano, Enzo e Alfio Aiello.

La “cupola” affaristica avrebbe avuto grandi capacità di infiltrazioni nel tessuto economico anche grazie alle “alleanze” con organizzazioni criminali palermitane e agrigentina. In questo “collegamento” avrebbe avuto un ruolo Giovanni Pistoia, che oggi è stato assolto. Così come è stato assolto Giovanni Malavenda: a detta degli investigatori un ruolo “per il controllo delle vendite della carne”.

Rosario Bucolo, non solo sarebbe stato tra gli “uomini che scortano” il boss Vincenzo Aiello nei suoi spostamenti, ma avrebbe avuto un “mandato” ben preciso dal suo “capo”. Una fiducia che gli avrebbe permesso di instaurare un legame e dei contatti con l’imprenditore Motta tra il 2009 e il 2010. Un rapporto a prima vista di “semplice frequentazione” e “amicizia”, ma che in realtà rappresenterebbe la prova che i Santapaola Ercolano avevano mire nel “commercio della carne”. Vengono monitorari una serie di contratti tra le società di riferimento a Motta (le tre della sentenza di confisca) e le Meridi, che gestisce i supermercati Fortè. Per i Ros la famiglia Santapaola e Motta erano “soci”. Una ricostruzione che alcune settimane fa ha portato anche il Tribunale di Misure di Prevenzione a disporre il sequestro delle imprese del gruppo.

 


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