Condannati a morte | sulle carrette del mare - Live Sicilia

Condannati a morte | sulle carrette del mare

Nella foto un carro funebre per i migranti

Pagare per morire. Pagare per essere costretti a cominciare un viaggio senza ritorno. La testimonianza. (nella foto, un carro funebre a Lampedusa)

La tragedia nel Canale di Sicilia
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3 min di lettura

LAMPEDUSA (AGRIGENTO) – Mandati a morire con la forza; costretti a salire su quattro gommoni malconci e ad affrontare il mare in tempesta, sotto la minaccia delle armi, dopo avere pagato mille dinari per una traversata senza ritorno. E’ la drammatica testimonianza di due superstiti dell’ultima tragedia avvenuta nel Canale di Sicilia. Moussa e Ismail (nomi di fantasia perchè preferiscono non rivelare la loro identità) sono due giovani originari del Mali che hanno poco più di vent’anni. Insieme ad altri sette compagni sono gli unici sopravvissuti al naufragio di due dei quattro “barconi della morte”.

Nei loro occhi c’è ancora la paura e l’orrore per la tragedia vissuta. “Il primo gommone – raccontano – si è bucato ed ha cominciato a imbarcare acqua prima di essere travolto dalle onde del mare, l’altro si è sgonfiato nella parte prodiera ed è poi affondato. Noi siamo finiti in acqua e ci siamo aggrappati alle cime mentre i nostri compagni annaspavano scomparendo tra le onde del mare in tempesta”. Moussa e Ismail sono appena sbarcati sul molo Favaloro da una motovedetta della Guardia Costiera. Ieri erano approdati a Lampedusa altri 76 superstiti che erano sul terzo battello; 29 loro compagni di viaggio invece non ce l’hanno fatta e sono stati stroncati dal freddo. Morti per ipotermia mentre venivano trasferiti sull’isola dalle motovedette della Guardia Costiera. Ma i due testimoni parlano anche di un quarto gommone con un centinaio di profughi a bordo, che faceva parte della stessa “spedizione” e di cui si sono perse le tracce.

“Da alcune settimane – spiegano – eravamo in 460 ammassati in un campo vicino Tripoli in attesa di partire. Sabato scorso i miliziani ci hanno detto di prepararci e ci hanno trasferito a Garbouli (una spiaggia a circa 50 chilometri a est dalla capitale ndr). Eravamo circa 430, distribuiti su quattro gommoni con motori da 40 cavalli e con una decina di taniche di carburante”. Secondo questa ricostruzione, dunque, sarebbero circa 330 i dispersi, anche se nessuno nutre più molte speranze sulla possibilità di riuscire a trovarli ancora vivi. Mandati deliberatamente allo sbaraglio da trafficanti senza scrupoli, come confermano i due superstiti. Moussa e Ismail raccontano infatti che ognuno di loro avrebbe pagato per la traversata mille dinari, circa 650 euro, ma sopratutto rivelano un particolare sconcertante: “Ci hanno assicurato che le condizioni del mare erano buone, ma in ogni caso nessuno di noi avrebbe potuto rifiutarsi o tornare indietro: siamo stati costretti a forza a imbarcarci sotto la minaccia delle armi”. I quattro gommoni, partiti uno dopo l’altro a distanza di mezz’ora, subito dopo avere preso il largo si sono invece trovati ben presto in difficoltà a causa del mare in tempesta e delle onde altissime. Alcuni di loro hanno lanciato con un satellitare l’Sos, raccolto dalla centrale operativa delle Capitanerie di Porto di Roma che ha immediatamente fatto scattare l’allarme. Il primo gommone è stato soccorso da due mercantili dirottati nella zona; gli altri due hanno fatto naufragio e gli unici nove superstiti sono stati raccolti in serata da un’altra nave. Dell’ultima imbarcazione nessuna traccia, nonostante le ricerche condotte dalle motovedette della Guardia Costiera e da due aerei. L’ennesima strage di vittime innocenti, tra cui alcuni bambini. “Sul mio gommone – racconta Moussa – c’erano almeno tre ragazzi della Costa d’Avorio, potevano avere non più di 13-14 anni. Anche loro sono scomparsi tra i flutti….”

(Di Francesco Nuccio-ANSA)


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