Avrebbe messo il suo nome e la sua azienda a disposizione degli Sbeglia, nonostante la nota caratura mafiosa dei costruttori già legati all’ala “corleonese” di Cosa nostra. Così, l’architetto Vincenzo Rizzacasa (nella foto), titolare dell’Aedilia Venusta, è stato condannato a tre anni e 4 mesi di carcere per intestazione fittizia ma senza l’aggravante dell’agevolazione mafiosa. Assolto, invece, Francesco Lena, titolare dell’Abbazia Sant’Anstasia, accusato di associazione mafiosa. Nel processo che si è svolto col rito abbreviato, di fronte al gip Luigi Petrucci, erano imputati boss di Cosa nostra e imprenditori collusi. Salvatore, Francesco e Francesco Paolo Sbeglia sono stati condannati, rispettivamente, a tre anni e 4 mesi, due anni e 8 mesi e 8 anni e sei mesi.
Per l’imprenditore-mafioso Carmelo Cancemi, sono 8 gli anni di carcere a cui è stato condannato. Seguono gli 8 anni e 2 mesi a Fausto Seidita, i 4 di Pietro Vaccaro e Vincenzo Marcianò, accusati di associazione mafiosa. Infine a 2 anni di carcere è stato condannato Massimo Troia. Il giudice ha anche ordinato il dissequestro dell’Aedilia Venusta, l’azienda cacciata da Confindustria nell’agosto 2009.
Le pene più alte sono state comminate ai boss di Cosa nostra, Antonino Maranzano e Nino Rotolo (10 anni e 10 mesi e 10 anni). Proprio nel box del capomafia di Pagliarelli erano state intercettate le conversazioni che hanno dato avvio a un’indagine che ha portato a numerosi arresti nel giugno 2010 eseguiti dalla squadra mobile di Palermo. Il processo è stato istruito dai pm Nino Di Matteo, Lia Sava e Marcello Viola.