PALERMO – Fu in una pompa di benzina che i finanzieri del Nucleo speciale di polizia valutaria nel 2012 trovarono la contabilità della famiglia Graviano.
Cinque pizzini nascosti dentro una scatola di metallo. Non fu difficile decifrarli. C’erano le iniziali dei nomi e le cifre degli stipendi che i nuovi boss di Brancaccio dovevano garantire alla famiglia dei capimafia stragisti. Sul materiale hanno poi lavorato gli esperti del Nucleo di polizia economico-finanziaria per giungere alla confisca decisa dalle Misure di prevenzione.
Quattro mila euro spettavano a Rosalia Galdi, detta “Bibiana”, moglie di Giuseppe Graviano (“4000 bib.”). Stessa cifra alla moglie di Filippo Graviano, Francesca Buttitta (“4.000 F.”). A Nunzia Graviano, “a picciridda”, la sorella dei boss, invece, andavano garantiti cinque mila euro (“4.000 picc+1.000”). L’altro fratello, Benedetto Graviano, doveva accontentarsi di mille euro (“1.000 Ciccio Benni”).
Ed ancora sotto la dicitura “tot. 10.275 dell’Agip ok” c’era un’ulteriore suddivisione di denaro: 3.875 ciascuno destinati alle consorti di Giuseppe e Filippo Graviano (“3.875+F” e “3.875+B”).
Circa venti mila euro al mese per le spese quotidiane. Da dove arrivavano i soldi? Dagli incassi delle pompe di benzina, come emergeva da un altro pizzino.
Alla voce entrate erano registrate le seguenti cifre: “2.500 Enzo”, “2.500 Ip Leonardo”, a indicare l’impianto di via Leonardo Da Vinci, e “500 Scalia” dal nome della piazza. Ancora “1.750 +sig. Enzo”, “Angelo Esso 2.500 ok” e “Ip 2.500 ok”, a indicare, secondo le indagini, i proventi dalla gestione degli impianti da parte di Angelo Lo Giudice e Mario Bompasso. Si tratta di due impianti che oggi sono stati confiscati.