"La verità verrà ristabilita | Io non odio nessuno" - Live Sicilia

“La verità verrà ristabilita | Io non odio nessuno”

Dieci anni per mafia. Ora Bruno Contrada torna un uomo libero. E dice: "La verità verrà ristabilita". Ecco, parola per parola, le prime dichiarazioni dell'ex numero due del Sisde.

 

PALERMO. PARLA CONTRADA
di
3 min di lettura

PALERMO –  Sono certo che verrà il momento in cui la verità su questa vicenda giudiziaria sarà ristabilita”. Bruno Contrada mette piede fuori dal portone di casa alle diciassette, accompagnato dall’avvocato Giuseppe Lipera. Dopo dieci anni è un uomo libero. Libero e mai rassegnato. Invita tutti, cronisti compresi, a chiamarlo per leggere assieme le carte processuali. Le stesse carte che hanno tracciato il suo ruolo di uomo dello Stato a braccetto con i mafiosi. L’ex numero due del Sisde ha finito di scontare la condanna a 10 anni per concorso in associazione mafiosa. E subito puntualizza: “Spero che qualcuno si ravvederà del male fatto a me e alle istituzioni”.

“Non ho sentimenti di odio né di rancore verso nessuno – prosegue in una conferenza stampa improvvisata davanti alla palazzina, non lontano da via Leonardo da Vinci, dove ha trascorso ai domiciliari gli ultimi tre anni di vita -. Quando il 10 maggio del 2007 sono entrato nel carcere di Santa Maria Capua Vetere per scontare la pena ingiusta che mi era stata inflitta dissi che ero certo, come lo sono ora, che un giorno che vedranno i miei figli o i miei nipoti la verità sarà ristabilita e allora qualcuno dovrà pentirsi per quello che ha fatto a me ed alle istituzioni che ho servito fedelmente da quando avevo 20 anni”.

Bruno Contrada, il prefetto Mario Mori, il colonnello dei carabinieri Mauro Obinu, l’ex capo della Squadra mobile Ignazio D’Antone. Sono tanti gli esempi di servitori dello Stato condannati o ancora sotto processo con l’accusa di essersi schierati dalla parte sbagliata. Strana coincidenza, complotto o ci sono state davvero delle zone d’ombra tra le forze dell’ordine? Contrada taglia corto: “Ho massima stima e ammirazione per il generale Mario Mori. Ai giornalisti che gli chiedono se in questi anni di carcerazione esponenti delle istituzioni gli sono stati vicini, l’anziano ex poliziotto risponde: “Alcuni sì. Parlo di cinque capi della polizia, i direttori del Sisde, gli ufficiali dei carabinieri e della finanza e anche di magistrati che, in qualche caso, hanno anche deposto a mio favore”.

Contrada torna un uomo libero a 81 anni compiuti poco prima che l’inchiesta sulla trattativa fra la mafia e lo Stato giunga ad un passaggio processuale decisivo. Inevitabile la domanda sui possibili segreti di una stagione su cui i magistrati di Palermo stanno provando a fare chiarezza. “Non porterò con me nella tomba nessun segreto, né di Stato, né di altro genere. Ho passato la maggior parte della mia vita al servizio dello Stato e rifarei questo senza cambiare nulla e senza rammarico. Mi sono sempre sentito libero spiritualmente anche quando il mio corpo, durante la detenzione, era imprigionato. Finché avrò respiro non mi fermerò e tenterò tutte le strade per ristabilire la verità”.

 

AGGIORNAMENTO

CATANIA, 13 OTTOBRE – Bruno Contrada da due giorni è tornato a essere un uomo libero, per avere finito di scontare la condanna a 10 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa, ma la sua vicenda processuale non è conclusa: un ricorso straordinario è stato presentato in Cassazione contro la decisione con la quale la seconda sezione della Corte, il 5 giugno scorso, ha respinto l’istanza di revisione del processo all’ex 007. Secondo il legale dell’ex funzionario del Sisde, l’avvocato Giuseppe Lipera, la sentenza di rigetto della Suprema viola l’articolo 111 della Costituzione, che prevede come “ogni processo si svolga nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale”. Per il penalista dall’indagine difensiva era emerso che, nell’ambito di indagini sulla strage Borsellino il pentito Vincenzo Scarantino aveva fatto “nuove accuse a carico di Bruno Contrada” e la Procura di Palermo “diede incarico alla polizia giudiziaria di fare indagini”, ma “l’esito fu sconfortante”, e per questo le dichiarazioni non furono utilizzate. A svelare la vicenda è stato il procuratore aggiunto di Palermo Antonino Ingroia, nel suo libro ‘Nel labirinto degli Dei’. Secondo l’avvocato Lipera il mancato versamento dell’atto istruttorio nel fascicolo del pm avrebbe “impedito alla difesa di esercitare le azioni che avrebbero potuto chiarire il contesto in cui stava maturando tutta la vicenda giudiziaria e di usare ogni strumento utile per fare emergere la verità”.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI