Contrada: "Basta, sono un anziano" | L'avvocato: "Lasciatelo in pace" - Live Sicilia

Contrada: “Basta, sono un anziano” | L’avvocato: “Lasciatelo in pace”

Stefano Giordano, legale dell'ex numero due del Sisde: "Ci rivolgeremo alla Corte europea".

PALERMO – “Chiederemo alla Corte europea se è giusto tartassare un uomo con sequestri e intercettazioni. Lasciamo in pace un uomo di 87 anni”. A parlare è l’avvocato Stefano Giordano. L’uomo a cui fa riferimento è Bruno Contrada. Il 29 giugno scorso la Procura Generale di Palermo ha disposto una perquisizione a casa dell’ex numero due del Sisde. Il provvedimento è stato disposto nell’ambito dell’inchiesta sull’omicidio dell’agente Nino Agostino, ucciso assieme alla moglie a Villagrazia di Carini, nel 1989. La Procura generale ha avocato l’inchiesta sul delitto.

Secondo il legale, la perquisizione è partita da una frase in cui Contrada diceva al figlio di spostare delle carte. “Sapete di cosa parlava? Delle carte – spiega Giordano – tolte dalla stanza da sistemare per ospitare la badante che deve occuparsi della moglie ammalata”.

Contrada aggiunge di avere “lavorato sempre per la sicurezza democratica dell’Italia. La mia patria. Non so manco cosa devo dire all’avvocato. Non sono sospettato, indiziato, indagato, imputato di qualcosa. È umano che un anziano debba continuare a combattere? Solo una mente malata, col tarlo della politica, – aggiunge Contrada – può pensare che io non abbia lavorato per il bene del mio Paese. A casa mia abitiamo Io, 87 anni, invalido civile, mia moglie della stessa età, gravemente malata al cuore e ai polmoni. Ho dovuto fare cose indicibili per non farle capire cosa stesse avvenendo visto che una volta precedente aveva avuto una crisi. Le ho dovuto inventare delle frottole. Ho servito il paese, solo encomi, e ho fatto 8 anni di carcere”.

Tra gli oggetti sequestrati durante la perquisizione ci sono degli album fotografici, verbali di udienza, una lettera che Contrada aveva scritto al pm Nino Di Matteo. “Tutto materiale che poteva essere tranquillamente cercato negli uffici della polizia e al Palazzo palazzo di giustizia”.

Chi sono le menti a cui si riferisce Contrada? “Quando ho visto il mio inquisitore Antonio Ingroia ad un convegno sotto la bandiera con la falce e il martello ho capito che eravamo su posizioni contrapposte”. Secondo l’avvocato Giordano, la nuova perquisizione nasce perché “evidentemente qualcuno non ha digerito la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo di un anno fa che ha scagionato Contrada dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa”. Chi sono? Di Matteo, Ingroia che hanno fatto dichiarazioni senza conoscere le motivazioni e la procura generale”.

Nei giorni scorsi, il nome di Contrada è venuto fuori nelle motivazioni del processo Borsellino quater sui depistaggi nelle indagini sulla strage di via D’Amelio. Si parla, infatti, di una irrituale collaborazione fra l’allora procuratore di Caltanissetta Giovanni Tinebra e Bruno contrada, a partire dal 20 luglio del 1992, adombrando sospetti sul ruolo dei servizi segreti nelle indagini. Contrada ha precisato che “non si è trattato di una collaborazione di polizia giudiziaria. Tinebra mi chiese delle informazioni perché lavoravo da tempo a Palermo e, come ho ripetuto tante volte, gli diedi subito l’imbeccata giusta dicendo di concentrarsi sulla famiglia Madonia”. Contrada ha infine ribadito che non si trovava in via D’Amelio subito dopo la strage ma “al largo di Palermo a bordo di una imbarcazione con 12 persone. Andai in via D’Amelio la sera. Era normale che ci andassi visto che dovevo proteggere il paese dagli attentati alla democrazia. Non credo ci fosse un attentato peggiore di una bomba che uccideva un magistrato e 5 poliziotti di scorta”.


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