Sembra che da quando la pandemia è entrata di forza a far parte integrante delle nostre vite, la scienza stia inanellando non una, ma una serie di brutte figure. Almeno a giudicare da come vengono viste le affermazioni contraddittorie, le uscite scandalistiche, l’enorme quantità di dubbi angoscianti e di postulati in cerca di certezze che gli organi di informazione instancabilmente hanno diffuso negli ultimi mesi. Sembra, appunto.
Perché se la scienza è una formidabile arma nelle nostre mani, non possiamo certamente permetterci il lusso di confutarla, o di liquidarla in termini sprezzanti. Doverose, quindi, alcune precisazioni, non certo a difesa sindacale di una categoria di lavoratori, o di uno striscione da tifoso; ma a sostegno di uno strumento di cui non possiamo fare a meno e di una tra le più edificanti delle attività umane.
Quando Galileo disse che era la terra a girare intorno al sole, confutò una “verità” dimostrando che non lo era. Lo fece illustrando un metodo inappuntabile; da quel momento, ciò che prima era considerato “vero” fu riconosciuto “falso”. La scienza procede così, secondo l’articolazione tra “vero” e “falso”, la corretta modalità con cui si procede per raggiungere una conoscenza oggettiva, affidabile, verificabile e condivisibile della realtà. Vero/falso, ragionevolmente. Ma non fu così per tutti e il povero Galileo ne sa qualcosa: infatti pagò cara la primizia della sua scoperta ad un mondo che non poteva capirlo.
Per questo motivo, in genere si preferisce divulgare le conclusioni di ricerche effettuate su ogni campo dello scibile solo quando si possa trarne frutto, quando si pensa che le potenziali loro applicazioni possano rappresentare una promozione autentica per tutto il genere umano. Prima è solo la storia di anonimi ricercatori che lavorano nel silenzio dei laboratori, lontani dagli schiamazzi.
Ora, tutti quanti noi ci ritroviamo a compiere delle scelte secondo un nostro, personale, libero giudizio, si trattasse di una visione politica del mondo, o della destinazione delle risorse comuni, o delle simpatie verso un personaggio televisivo o una squadra di calcio. E lo facciamo adottando anche in questo caso una distinzione tra “vero” e “falso”, ma in termini soggettivi, di opinione, di libero arbitrio. Anche questo si può capire; è giusto che sia così. Ma bisogna ricordare che in questi casi si è legittimamente fuori dal ragionamento scientifico, lontani dal vero/falso oggettivo della scienza; questo spesso sfugge all’attenzione.
Guardando ai drammatici fatti dei nostri giorni, nessuno di noi si era mai cimentato prima di adesso con le incognite di questo Sars-CoV2; nessuno ne conosce, ancora adesso, l’esatta l’origine, i movimenti, il potenziale patogeno. E le cure, e le difese, e l’immunogenicità, e ciò che succederà in futuro… e tutto il resto. È la scienza che deve cercare e trovare le riposte; è ciò che sta già facendo dall’inizio, seguendo le regole, secondo i suoi tempi. Facendo il suo mestiere, che è quello di esplorare la realtà e di arrivare a conclusioni certe. Secondo il suo vero/falso.
Ma se la questione scientifica si offre alla pubblica opinione quando ancora è nel pieno del suo dibattere, come un cantiere aperto, non ci si può certo meravigliare di assistere al germogliare disordinato di affermazioni emotive, irrazionali, di pancia. In questa particolare occasione pandemica, come in poche altre, l’esplorazione scientifica metodica e rigorosa su virus e dintorni sta procedendo in chiaro, pubblicamente, alla luce dei riflettori mediatici, offrendosi al giudizio libero e critico di tutti. La partita contro un microrganismo minaccioso si sta giocando in uno stadio gremito di spettatori vocianti, impauriti e minacciati, che dibattono ipotesi come se fossero opinioni. Come se dire “vero” o “falso” sia lo stesso che dire “viva!” e “abbasso!”.
Ad aggravare la situazione, alcuni degli abituali abitanti del pianeta Scienza, non abituati alle affascinanti luci della ribalta, non hanno resistito alla tentazione di mostrarsi in pubblico, con soluzioni spettacolari, affermazioni affascinanti, pronunciamenti roboanti. Questa è la vera macchia nera; questo è l’errore/orrore che non si sarebbe dovuto mai consumare. Non fosse altro che per le vittime che tutto ciò ha generato: una scienza che si presenta male e si espone peggio genera più di un sospetto, più di una scelta politica scellerata, più di un crimine nascosto. Viene chiamata per sostenere alibi altrimenti indifendibili, per giustificare il non altrimenti giustificabile. Ma non è la vera scienza.
Grande lezione che ci sta dando un microscopico virus: oltre all’insegnamento del vero e del falso, anche quello del “giusto”, metodico e silenzioso, e dell’”imperdonabile”, chiassoso, insopportabile. Faremo bene a ricordarcene.