PALERMO – “Abbiamo incontrato i vertici della prefettura e della magistratura inquirente palermitana: abbiamo fatto questo lavoro in giro per la Sicilia e Palermo era la tappa conclusiva di questa relazione, ma la nostra presenza qui è stata inevitabilmente condizionata dall’ultimo omicidio in città, tema che ha dominato il nostro incontro”. Così il presidente della commissione Antimafia all’Ars Antonello Cracolici durante un punto stampa presso la Prefettura di Palermo.

“C’è l’impegno a rafforzare diverse aree a rischio, ma continuiamo a mantenere qualche dubbio anche perché il rischio può spostarsi in altre zone – prosegue Cracolici, – Sul tema della sicurezza la mia commissione farà la sua parte: la presenza della cultura mafiosa sta diventando sempre più attrattiva per le nuove generazioni e su questo le istituzioni si devono interrogare, così come devono farlo sulla strategia di rottura tra i modelli culturali e la gente verso cui vengono indirizzati”.

“Il grave difetto del tempo che viviamo è che la mafia non viene più considerata un’emergenza: pur cambiando pelle continua a incidere sull’economia, sulla sicurezza e sul condizionamento di alcuni settori della politica. Per fare ulteriori strumenti di contrasto – ha aggiunto Cracolici – serve innanzitutto la consapevolezza di come la mafia sia ancora presente in Sicilia”.
“Oggi – ha spiegato il presidente della Commissione Antimafia – abbiamo incontrato ‘gli esperti di repressione’, cioè polizia, carabinieri, guardie di finanza e magistratura: credo ci sia la consapevolezza che questa città può avere anche salti di qualità– Non c’è dubbio che anche il fenomeno della criminalità sia connesso a una serie di attività illecite che proliferano qui. Molte di queste attività partono dalla quantità di risorse che girano a Palermo grazie al traffico della droga, gestito da Cosa Nostra e dalle famiglie mafiose di questa città”.
“Lo Zen non è Maranzano, c’è gente che esce per andare a lavorare e studiare”
“Le conseguenze di tale condizione di degenerazione sono anche figlie di un’economia sempre più illegale che si sta sviluppando: non a caso noi abbiamo fatto una domanda specifica sul dato delle armi, perché la quantità di Palermo ci preoccupa. Quando un ragazzino a vent’anni si compra un’arma, attraverso il dark web o il fruttivendolo di prossimità, o comunque quando girano tutte queste armi è chiaro che ciò avviene perché sta diventando uno status symbol. L’idea che si costituisce è che per contare devi essere armato: ci dobbiamo interrogare su questo, ne va della vita di tutti noi e della sicurezza dei nostri figli. Il tema del contrasto va certamente affrontato con la sicurezza, quindi con un sistema anche di controllo, ma anche sul terreno sociale: noi andremo proprio nei prossimi giorni allo Zen a svolgere lì le attività della Commissione. Lo Zen non è Maranzano, ma è fatto anche di persone che escono la mattina per andare a lavorare, cercano di studiare, frequentano licei e università: vogliamo far sì che questa parte del quartiere abbia consapevolezza che non può continuare a stare in silenzio o altrimenti sarà travolta”.

“La strage di Monreale è avvenuta in seguito a una rissa, stavolta è stato ammazzato un ragazzo che durante una rissa stava difendendo il suo posto di lavoro: quest’elemento ha suscitato una sorta di riprovazione morale nella cittadinanza, c’è stata una reazione diffusa da parte di tutti”.
“Non vogliamo assolvere nessuno o giustificare i silenzi – continua Cracolici, – Ognuno deve fare la sua parte, non vinciamo la battaglia dello Zen mettendo più polizia o carabinieri. Se vogliamo combattere la mafia bisogna anche dare più luce alla città: ci sono intere zone in cui l’illuminazione pubblica non funziona e una di queste è la scuola dello Zen. Andremo lì a chiedere che ognuno faccia la sua parte, anche dentro il quartiere”.
Caronia: “La presenza della mafia in Sicilia è allarmante”
“L’incontro di oggi ha rappresentato un momento fondamentale di confronto istituzionale fra le forze dell’ordine, la prefettura, la magistratura e la commissione regionale Antimafia. È emerso un quadro allarmante sulla presenza della criminalità organizzata nel territorio siciliano. La mafia si è evoluta. Tragedie come quella di Paolo Taormina sono il frutto di una cultura mafiosa, di un substrato culturale che vede nei boss mafiosi dei modelli da imitare. La procura, le forze dell’ordine fanno la propria parte, ma è chiaro che dove non c’è lo Stato si infiltra la mafia”. Così Marianna Caronia, componente della commissione Antimafia regionale.
Per la deputata regionale “gli interventi non devono essere solo di tipo repressivo. Alla politica e alle istituzioni spetta il compito di mettere fine alla ghettizzazione di certi strati sociali”.
“Durante i lavori si sono affrontate tematiche cruciali per il contrasto alla criminalità come l’aumento del fenomeno dello spaccio, con particolare attenzione all’uso del crack e la proliferazione delle armi – aggiunge Caronia -. Per questo, oltre a rafforzare le misure di prevenzione, come i sistemi di videosorveglianza, la politica ha il compito di essere presente nelle zone periferiche delle città. Dall’altro lato, però, dobbiamo stare anche attenti alle parole: anziché parlare di zone rosse, sarà più opportuno parlare di ‘zone libere dall’illegalità’. Dobbiamo dare sostegno agli imprenditori e al tessuto produttivo che ruota attorno alla sana movida palermitana, per evitare che la paura che possano ripetersi tragedie come quelle di sabato si appropri di ciascuno di noi”.

