PALERMO – Il 30 giugno scorso scriveva che a Palazzo d’Orleans “si spengono le luci”. Salvo poi rilanciare da lì a breve il futuro del governo. Ma d’altro canto, in precedenza, il 19 maggio, sempre sul governo di Rosario Crocetta Antonello Cracolici aveva detto “siamo ai titoli di coda”. Il film invece non è finito affatto, e lui, Antonello il rosso, vecchia scuola Pci-Pds-Ds, sempre lì sta, a recitare da protagonista. Le sue profezie di sventura erano cominciate già al battesimo dell’avventura di Crocetta, quando si formò la prima giunta guidata dal “rivoluzionario” gelese. “Giunta quasi pronta, vediamo quanto dura”, aveva twittato allora (quanto gli piace Twitter). Ma erano tempi diversi. Da allora un po’ tutto è cambiato. Tranne lui. L’uomo che da anni incarna come nessun altro il Pd siciliano, con i suoi pregi, i suoi difetti e le sue contraddizioni.
Uomo-partito, Antonello Cracolici è fatto così, prendere o lasciare. Pugnace, pungente, ha il gusto della battuta tagliente e gli piace dire cose scomode, anzi a volte proprio antipatiche (chi lo intervista non si annoia mai), e fuori dal coro. Come una delle sue ultime uscite, pochi giorni fa, quando la “vecchia” politica gufava la trazzera grillina a suon di danze della pioggia e Antonello dichiarava, in controcanto: “Invece di arrovellarsi per capire se definirla ‘strada’ o ‘trazzera’, chiediamoci piuttosto cosa è stato fatto fino ad ora dalla Regione e dagli enti interessati per andare incontro alla comunità locale e agli automobilisti che devono attraversare la Sicilia”. Un’uscita “grillina”, titolò Livesicilia, e l’aggettivo che non gli piacque, lui formato alla vecchia scuola dei partiti veri, quelli di massa di un tempo, e allergico all’antipolitica. Preferisce la Politica il Crac, o almeno lo ripete a ogni buona occasione. E una cosa è certa, la politica lui la conosce bene. Quasi quanto i meccanismi del parlamento regionale, dove si muove da anni da dominus. Nel ruolo di direttore d’orchestra all’Ars solo il compianto Lino Leanza poteva tenergli testa. E con lui le leggi alla fine si approvano.
Eppure, all’inizio di questa legislatura qualcuno forse si era illuso di metterlo all’angolo. Perse le stellette da capogruppo, aveva trovato chiuse le porte della giunta. Non c’era posto per i politici in squadra con Crocetta. Ma non si trovò posto nemmeno per un tecnico, vero o fasullo, che rappresentasse la sua corrente, rimasta a bocca asciutta. Antonello non si è scomposto e ha ricominciato, forte del suo ascendente nel partito. Conquistando dapprima la poltrona di presidente della prima commissione, dopo un armistizio con Crocetta. Partecipando alla grande ammucchiata delle correnti che elesse Fausto Raciti segretario grazie al patto Faraone-Crisafulli. E riprendendosi a poco a poco il partito, pezzo dopo pezzo. Anche nelle vesti di barricadero, quando lo sciagurato blitz che diede vita al Crocetta bis tagliò fuori dai giochi gli ex Ds. In quel periodo l’asse tra Cracolici e il segretario Fausto Raciti si è irrobustito sempre più. Il giovane Raciti, uno allattato a dalemitudine, stima molto Cracolici e fa tesoro della sua esperienza. Lo ha avuto accanto in una serie di vertici cruciali, anche prima che Antonello tornasse al suo vecchio lavoro di capogruppo. Quello che è il suo posto. Ora che anche l’onta dell’inchiesta per le spese per mimose e caffè è stata cancellata dalla richiesta di archiviazione. Sul punto Cracolici si è sempre difeso, dicendosi pronto a dimettersi in caso di rinvio a giudizio.
Oggi in giunta la sua corrente è rappresentata da due assessori: Bruno Caruso e Cleo Li Calzi, anche se di quest’ultima al momento della nomina i giovani turchi siculi si affrettarono a rivendicare la paternità politica. Anche l’eurodeputata Michela Giuffrida, anche se eletta con i voti di Lino Leanza si è avvicinata alla sua aera. Cracolici, insomma, è tornato a dare le carte. Come nella scorsa legislatura, quando faceva e disfaceva, in tandem con l’allora gemello siamese Beppe Lumia. Un’accoppiata che clamorosamente in questa legislatura s’è spaccata. Con il senatore termitano allora Cracolici costruì la spregiudicata alleanza con Raffaele Lombardo. Un patto che fu pietra dello scandalo e che vide in cabina di regia anche Totò Cardinale. Tutti sono rimasti protagonisti, in perfetta continuità, nell’era Crocetta.
Furono quelli anni, per il nostro, di perenne schermaglia col rivale Peppino Lupo, segretario all’epoca. Cracolici provò a batterlo al congresso sostenendo la candidatura di Beppe Lumia, senza seguire le indicazioni di Pierluigi Bersani che schierava Bernardo Mattarella. Lupo la spuntò, ma la guerra era appena cominciata. Cracolici, Lumia, Cardinale e compagni tentarono di disarcionare il segretario, dopo una raccolta di firme, ma sul più bello, quando c’era da contarsi sulla mozione di sfiducia (Lupo non voleva che il Pd entrasse in giunta), l’ex sindacalista la spuntò ancora in una rocambolesca assemblea in cui i numeri ai ribelli mancarono (anzi, il Pd scaricò pure Lombardo). Era la primavera del 2012. Cracolici perdeva una battaglia, ma la guerra infinita con Lupo non finì lì, per proseguire anche alle amministrative e alle regionali, con Lupo che chiuse all’alleanza con l’Mpa, gradita invece al tandem Cracolici-Lumia. Sulla stessa barca i due eterni rivali si trovarono quando si parlava di fare entrare in giunta i big del partito. I loro erano i due nomi in prima fila. Ma Crocetta allora di deputati non voleva saperne. Oggi su questo e su molto altro ha cambiato idea.
Non ha cambiato idea invece Cracolici su quel discusso patto con Lombardo. “Abbiamo spaccato il centrodestra”, rivendicò e rivendica ancora oggi. E la storia in qualche modo gli ha dato ragione, regalando alle ultime regionali al centrosinistra la prima storica vittoria alle urne. Com’è finita, poi lo si è visto. Si è passato da quello che lo stesso Cracolici con una battuta al vetriolo delle sue chiamò il governo “dei camerieri” (e Nelli Scilabra con una certa dose di ironia irruppe in una riunione con vassoio e caffè per fargli il verso) al governo tecnico-politico di oggi. Ma non basta. Ora, dopo l’ultimo inciucio con Ncd, tocca – pare – ai politici di professione. E se Antonello non sarà nella squadra, di certo giocherà tra i kingmaker. Sempre in prima fila, in un partito che nessuno incarna come lui.