Crocetta in commissione antimafia | Le domande che nessuno ha posto - Live Sicilia

Crocetta in commissione antimafia | Le domande che nessuno ha posto

Durante l'audizione del governatore, nessuna richiesta di chiarimento. Ma gli spunti erano tanti. Il testo integrale.

PALERMO – Hanno persino secretato la seduta. Come se ci fosse davvero qualcosa da preservare. E invece, l’audizione del governatore Crocetta in commissione nazionale Antimafia si è rivelata poco più (o poco meno) di un monologo, di un racconto spesso zoppicante, confuso, della lotta intrapresa dalla Regione in questi anni contro mafia e malaffare. Un monologo che ha assunto, nella seconda parte dell’audizione che vi raccontiamo quasi integralmente, grazie all’audio messo a disposizione da Radio Radicale, persino i contorni della recita. Al protagonista Crocetta si è affiancata la più classica delle spalle, ovvero il senatore Giuseppe Lumia, frequentatore di Palazzo d’Orleans e tra i più stretti collaboratori del presidente. Alla fine, le uniche domande – se così si possono definire – le ha poste lui. Portando l’audizione sulla soglia del grottesco: “Presidente, ci vuole dire cosa ha fatto con i Forestali, cosa ha fatto riguardo ai terreni dei Nebrodi?”. Lumia chiedeva : “Cosa ha fatto?” quando conosceva perfettamente il contenuto di opere e omissioni del governatore. Ma il copione dell’audizione, evidentemente, prevedeva anche questo.

Peccato che al di là delle domande “retoriche” di Lumia (e quanto avrebbe scritto su questo, Leonardo Sciascia, lo stesso che nel racconto ‘Filologia’ prefigurò la trasformazione dell’azione della commissione antimafia in un semplice esercizio di stile, in una questione linguistica…) di domande non ne siano arrivate manco a pagarle. Né dalla presidente Rosy Bindi, né dal deputato Angelo Attaguile (se si esclude un riferimento alla Camera commercio di Catania, secretato), né dal vicepresidente Claudio Fava, convitato di pietra perché citato da Crocetta ma assente all’audizione.

Eppure, le parole di Crocetta di domande ne avrebbero potuto sollevare parecchie. Anche, magari, ribadendo quanto era stato già chiesto in altre occasioni. A cominciare dal suo rapporto con la Confindustria siciliana. Il governatore, ad esempio, ha spiegato come, nel periodo precedente alle elezioni regionali, l’associazione degli industriali fosse considerata “erga omnes”, un emblema di legalità. Nulla, invece, ha detto sulle possibili interferenze della stessa Confindustria nell’attività di governo in questi anni. Quasi allontanandone lo spettro, per poi, invece, implicitamente ammetterne le interferenze. Lo ha fatto, ad esempio, quando si è riferito all’Irsap “il regno di Confindustria” ha ammesso Crocetta. Peccato che sull’Irsap il governatore avesse compiuto battaglie d’Aula e sulla stampa. In difesa, soprattutto, di quello che era uno dei suoi “pupilli” del tempo, ossia l’ex commissario e presidente Alfonso Cicero. Lui, il governatore, a difesa “del regno di Confindustria”, quindi? E proprio riguardo a Cicero, ci fosse stato qualcuno che avesse chiesto conto e ragione, ad esempio, delle accuse lanciate da quest’ultimo e dall’ex big della Confindustria siciliana Marco Venturi. Delle “richieste indicibili” che sarebbero state avanzate dal presidente. E dall’altra parte, nessuno che avesse alzato il dito per chiedere, ad esempio, quali siano oggi i rapporti del governatore con Antonello Montante, leader dell’associazione e finito in una inchiesta assai spinosa. Crocetta si è limitato a difendere l’onestà dell’ex assessore Linda Vancheri, mai messa in dubbio da nessuno. Ma sulla propria indipendenza, in questi anni? Nessuna risposta, anche perché non era giunta alcuna domanda.

Su quell’audizione, poi, si è allungata addirittura l’ombra degli Stati Uniti d’America. Già, proprio dagli Usa sarebbe arrivata uan fantomatica telefonata di minaccia al governatore. Giunta, a dire il vero, tramite un collaboratore. “Farai la fine di Mattarella”, così diceva la voce, avrebbe riferito questo collaboratore a Crocetta. Ecco, nessuno in commissione si è sentito in dovere di chiedere se il governatore avesse denunciato questo fatto alle autorità competenti. Se per caso fosse stata avviata una verifica per risalire al telefono da cui è partita la chiamata. A dire il vero, nessuno ha chiesto nemmeno il nome del collaboratore, giusto per aggiungere un volto a quel racconto. Niente. Zero. E così Crocetta ha potuto proseguire tessendo la tela delle “strane influenze statunitensi” alle quali certamente non crede nemmeno lui, come dimostra il suo ritrarsi: “Non credo certo che volessero ammazzarmi, però, insomma, quello era il clima…”.

E lì, ecco spuntare fuori il Muos “che noi avevamo bloccato”. Nessuno, però, ha fatto notare a Crocetta che dopo averlo bloccato, lo aveva anche sbloccato. Aveva dato, il governatore, il via libera amministrativo all’impianto, ignorando anche alcuni studi che affermavano i pericoli per la salute prodotti del radar americano. Alla fine, l’autorizzazione – che lo stesso Crocetta aveva concesso – è caduta solo perché… il governo aveva sbagliato gli atti. Ma nessuno chiede, e così, ecco il racconto dei pericoli corsi dal governatore, i fumosi identikit di agenti segreti, persino l’ombra di Mattei come disse un giorno anche a Livesicilia. E ancora, ecco le altre “moralizzazioni” di Crocetta, presentate nel menu pittoresco della Commissione, come quella sul patrimonio che coinvolge la Società patrimonio immobiliare. “Una truffa del governo Cuffaro che favorì i privati”. Peccato che nessuno gli abbia chiesto come mai, però, il “privato” che in quegli anni deteneva una bella fetta di qupote di Spi, ovvero l’immobiliarista Ezio Bigotti, fosse ancora tranquillamente al suo sposto, in Spi, fino a pochi giorni fa. Nulla è stato chiesto sulla Sanità, sull’addio di Lucia Borsellino, sulle inchieste che hanno coinvolto manager e primari vicini al presidente, sulle intercettazioni che descrivevano il quadro di una sanità nelle mani di pochi direttori generali. E per restare nel tema, nessuno ha chiesto delle inchieste che hanno riguardato e riguardano i componenti del cerchio magico di Crocetta, da Patrizia Monterosso per citare la più nota, a Rosario Basile per citare la storia più recente.

E ancora, ecco la sparata prevedibile sulla Formazione professionale. Crocetta, tanto per cambiare, si è assunto i meriti di inchieste compiute dalle forze dell’ordine su impulso di bravi pubblici ministeri. Non le cita, Crocetta, ma a memoria, l’unica grande inchiesta nel settore è quella che ha coinvolto l’ex segretario del Pd Francantonio Genovese. Lo stesso, per intenderci, che fece campagna elettorale proprio per Crocetta in occasione della sua elezione. E che, anzi, pur essendo storicamente vicino agli imprenditori che sullo Stretto gestiscono i traghetti, indicò nella giunta l’assessore alle Infrastrutture e Trasporti. Perché nessuno ha chiesto? Perché non è stato chiesto se allora Crocetta sapesse qualcosa dei notissimi interessi di Genovese nella Formazione professionale? Erano gli anni in cui il politico messinese militava in quel Pd che vantava, proprio come presidente della Commissione antimafia l’altro esponente dem Giuseppe Lumia. La spalla del presidente. L’unico a porre le domande al governatore durante l’audizione. Le uniche, inutili domande.

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