PALERMO – L’Irfis è finito sotto inchiesta. O meglio, i magistrati hanno aperto un fascicolo sulle operazioni che portarono nel 2012 alla riorganizzazione dell’Istituto regionale per il finanziamento alle industrie in Sicilia.
A non vederci chiaro sono stati il governatore Rosario Crocetta e Patrizia Monterosso, da lui indicata alla vice presidenza dell’Istituto. Nei mesi scorsi si sono presentati in Procura e hanno affidato i loro dubbi all’aggiunto Leonardo Agueci che allora coordinava, tra gli altri, il pool per i reati contro la pubblica amministrazione. Oggi Agueci, che guida la procura palermitana in attesa che venga nominato il nuovo capo, ha lasciato la delega all’aggiunto Dino Petralia. Inutile tentare di conoscere i contenuti del fascicolo che al momento è ancora a carico di ignoti. Sappiamo che in questi mesi, e nel massimo riserbo, vi è confluita la documentazione acquisita dalla Guardia di finanza.
I dubbi, espressi “nero su bianco” nell’esposto presentato dal presidente Crocetta e dal segretario generale Patrizia Monterosso sarebbero legati all’acquisizione, da parte della Regione, delle quote di Irfis che in quel periodo erano in mano a Unicredit. Un’acquisizione passata attraverso la cessione, avvenuta nel gennaio del 2011, da parte di Irfis del proprio ramo bancario proprio a Unicredit. In questo modo, quindi, quella che era, allora, la società Irfis-Mediocredito della Sicilia diventa a tutti gli effetti una società finanziaria iscritta all’elenco generale e speciale degli Intermediari finanziari con la nuova denominazione Irfis-Finanziaria per lo Sviluppo della Sicilia.
La Regione, quindi, con l’accordo poi firmato nel gennaio del 2012, è divenuta azionista unica di Irfis-FinSicilia. La società, oggi, può quindi esercitare il ruolo di società finanziaria regionale, un po’ come avviene in altre Regioni d’Italia, come ad esempio la Lombardia (con Finlombarda) e la Sardegna (con SFIRS). L’attività può essere svolta tramite il regime di “house providing”. La società quindi resta soggetta ai poteri di direzione e controllo di tipo “analogo” a quelli che la stessa Regione e gli enti pubblici regionali esercitano sulla propria attività. Sarebbe proprio questa trasformazione a essere finita nell’indagine della Guardia di finanza che è stata aperta ed è proseguita in gran segreto mentre attorno all’Irfis divampavano le polemiche. Negli ultimi mesi del governo Lombardo, infatti, a lungo si parlò di un possibile approdo di Gaetano Armao, allora assessore all’Economia, alla guida della società. All’inizio, però, a presiedere il cda del nuovo Irfis sarà l’ex ragioniere generale Enzo Emanuele, che da lì a poco lascerà quella poltrona per ricoprire il ruolo di direttore generale. Un passaggio che sembrava proprio far presagire l’arrivo di Armao, che non avverrà mai. Lombardo, infatti, per guidare Irfis sceglierà l’ex direttore generale di Banca Nuova Francesco Maiolini.
Passano pochi mesi, arriva il governo Crocetta, e un esposto dello stesso Armao porta all’apertura di un’indagine da parte della magistratura contabile. Agli amministratori dell’Irfis, nel gennaio del 2013, viene contestato di avere avviato procedure per mettere a patrimonio societario circa 183 milioni di euro: si tratta di risorse regionali accantonate in appositi fondi, che attraverso Irfis-FinSicilia, dovevano servire a finanziare le piccole e medie imprese. Nel mirino ci sono anche operazioni di acquisizione di società (Sviluppo Italia Sicilia e Cape Sicilia) che sarebbero avvenute senza i passaggi autorizzativi e deliberativi del socio unico, cioé la Regione, e un piano di 15-20 assunzioni di personale in presenza di una legge che blocca nuovi ingressi nell’amministrazione pubblica e nelle sue controllate. In quel caso, Crocetta in quell’occasione si schierò in difesa di Maiolini: “A ben vedere, l’unica vera differenza tra prima e dopo la nuova gestione – disse il governatore – da parte dell’Irfis è che questi fondi pubblici, senza mutare la destinazione a favore delle imprese siciliane, da un ‘cassetto’ (la precedente banca cassiera) con un tasso di fruttificazione pari a meno dell’1%, oggi sono stati depositati in altri ‘cassetti’ (banche depositarie) con una remunerazione di oltre il 4% annuo e con il conseguente notevole vantaggio per il patrimonio pubblico”. Anche Maiolini, però, getterà la spugna. A guidare il cda ecco Rosario Basile. Il suo vice è Patrizia Monterosso. È stata lei ad accompagnare il governatore in Procura. Quelle operazioni, di oltre due anni fa, avrebbero trasformato Irfis in una “scatola vuota?