Crocetta superstar| sul New York Times - Live Sicilia

Crocetta superstar| sul New York Times

Un lungo reportage della prestigiosa testata americana dedicato al governatore. Il titolo: “Può un gay, cattolico di sinistra, distruggere adesso la corruzione in Sicilia?”.

PALERMO – Crocetta e la sua storia approdano sul New York Times. Non è la prima volta che la Sicilia si guadagna le colonne di uno dei principali quotidiani statunitensi ma in questo caso, lo fa con un ampio articolo dedicato proprio all’attuale presidente della Regione. “Può un gay, cattolico di sinistra, distruggere adesso la corruzione in Sicilia?”. Questo il titolo del lunghissimo articolo pubblicato sull’edizione online del New York Times di oggi dove più che affrontare le problematiche dell’isola, da sempre oggetto di critiche da parte della stampa straniera, si cerca di ricostruire la biografia politica e umana di Rosario Crocetta.

Nelle nove pagine di biografia il corrispondente del quotidiano ricostruisce l’ascesa politica del governatore con un insieme di dialoghi avuti proprio con il presidente della Regione durante gli anni scorsi utilizzando aneddoti di vita e numerose telefonate per cercare di dare una risposta alla domanda che l’articolo si pone.

Il ritratto che ne esce è quello di un uomo, prima che di un politico, fermamente deciso a devolvere la propria vita nella lotta alla Mafia e cresciuto a stretto contatto con essa. Dagli anni trascorsi a Gela, come sindaco, a quelli più recenti come governatore della Regione. “Crocetta è cresciuto vicino alla raffineria di Gela. Suo padre era un vigile del fuoco fino a quando i tagli del governo lo costrinsero a cercare occupazioni occasionali prima di trovare una posizione come impiegato dell’acquedotto. Era il più piccolo di quattro fratelli e a 23 anni trovò lavoro all’Eni trovandosi poi a spostarsi in varie parti d’Italia e infine in Bahrein dove rimase per 3 anni. Tornò a 39 anni, era il 1990 e Gela era devastata da un’intensa guerra di Mafia: Cosa Nostra si scontrava contro la Stidda, un’organizzazione creata da uomini cacciati dalle famiglie della Mafia tradizionale. In una notte del novembre del 1990 la Stidda abbandonò otto cadaveri e svariati feriti per le strade di Gela.”. Fu in questa città che Crocetta fondò un’associazione per bambini a rischio e che concorse per la poltrona di sindaco, vincendo.

Il New York Times ricostruisce proprio quella vittoria: “Crocetta corse per la carica di primo cittadino promettendo la rinascita della sua città. Quando perse per 107 voti chiese ai magistrati il riconteggio sospettando una frode elettorale e il giudice gli diede ragione. I risultati erano stati manipolati, aveva vinto per 500 voti”.

Da lì – come si legge ancora – cominciò la lunga lotta alle infiltrazioni mafiose: “Subito dopo essersi insediato Crocetta tolse dal proprio ruolo Salvatore Di Giacomo che fino a quel momento aveva gestito gli appalti per la manutenzione della città eliminando tutti i contratti che non erano stati siglati con una gara regolare. Da quel momento, per lavorare con la città, le azienda dovettero dotarsi di un certificato ‘anti-mafia’. Cacciò anche Virginia Di Fede, impiegata al comune di Gela, quando scoprì che era la moglie di Daniele Emmanuello, noto boss della zona, contribuendo negli anni successivi alla sua cattura”.

Tra le tante vicende legate alla lotta alla Mafia, e al clientelismo il genere, il New York Times cita anche i numerosi provvedimenti presi dal governatore per ridurre le spese della Regione: “Degli otto giorni trascorsi al fianco del presidente non ne è trascorso uno senza manifestazioni davanti a Palazzo d’Orleans. C’erano rappresentanze dei 26 mila impiegati forestali e degli oltre 8 mila dipendenti delle scuole di formazione, molte delle quali create con il solo scopo di fornire posti di lavoro pagati dalla Regione. Crocetta – continua ancora il quotidiano – ha chiarito che ciascuna di loro ha i giorni contati”.

Dalle vittorie politiche, il quotidiano newyorkese si sposta anche alle vicende personali di un uomo da sempre al centro dei riflettori. Ed è così che l’articolo dipinge il presidente della Regione, ricostruendo l’allontamento dal partito comunista causato dalla sua omosessualità, vista dai dirigenti di partito come un “problema”, passando poi all’intervista in diretta nazionale sul programma ‘Le Invasioni Barbariche’, di Daria Bignardi, dove a lungo il governatore è stato messo alle strette proprio sul rapporto tra la propria omosessualità e la fede cattolica.

Il lungo articolo del New York Times si sofferma infine sulle ultime vicende politiche che Crocetta ha dovuto affrontare, dalla rottura con i Grillini sul caso Muos, in cui “dopo lo studio indipendente da parte di esperti esterni che non ha segnalato fattori negativi per la salute dei siciliani, c’è chi, come i grillini e gli anti-muos, hanno chiamato Crocetta: traditore”, al caso messo maggiormente in luce dal quotidiano, ovvero quello dell’abolizione delle province. Sarebbe proprio questo, come appare chiaro scorrendo le pagine del lungo articolo, la vittoria principale di un uomo il cui unico fine è quello di cambiare la Sicilia: “Dopo sei ore di dibattito, l’Ars ha votato a favore dell’abolizione delle provincie. A chi ha criticato la sua iniziativa, Crocetta ha risposto: ‘ Voi volete lasciare una Sicilia di rovine e devastazione. Io voglio dare ai siciliani un sogno, il sogno che cambiare è possibile’ “.

 

 


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