Da oggi non ci sono più alibi - Live Sicilia

Da oggi non ci sono più alibi

Punto primo. Nasce un governo di minoranza, frutto non della volontà degli elettori ma di un ribaltone politico che ha avuto in Lombardo l’interprete principale e il Pd come alleato per nulla ombra. La nomina di Centorrino, da sempre uomo vicino agli ambienti di sinistra e la conferma di Marco Venturi e Caterina Chinnici ne sono la dimostrazione più evidente, checchè ne dica l’imbarazzato segretario del Pd Giuseppe Lupo.

Punto secondo. Nasce un governo di minoranza, che non ha i numeri per governare ma che cercherà di riforma in riforma, di legge in legge, di trovare i voti per andare avanti. Non è il massimo in un momento in cui servirebbero nervi e guida saldi per far uscire la regione dalle secche della crisi, un governo forte per gestire la pioggia di miliardi dei fondi europei, riscontri certi e duraturi per gli investitori che intendono scommettere sull’Isola.

Punto terzo. Nasce un governo degli equivoci. L’ultima seduta all’Ars si era chiusa con la mozione di censura voluta, fortissimamente votata dal Pd contro l’assessore alla Presidenza Gaetano Armao. Quello stesso Armao ora riconfermato da Lombardo nella giunta con anime del Pd dentro. Delle due l’una: o il partito di Lupo e Cracolici scherzava o Lombardo ha usato argomenti che hanno convinto il Pd a fare marcia indietro. Sarebbe trasparente dire quali. E l’equivoco sta dentro anche il fronte, quantomeno trasversale, partorito da questo Lombardo-ter: il Pd insieme ai ribelli capitanati da Miccichè che non perde occasione di ricordare la sua fedeltà a Dell’Utri, “nemico” da combattere per la sinistra giustizialista. Sarà curioso leggere i commenti di Rita Borsellino e di quanti hanno pressato per “scomunicare” questa alleanza.

Punto quarto. Il Pdl di Castiglione e Nania esce con le ossa rotte da questa crisi. Speravano nella copertura di Berlusconi, hanno trovato il silenzio e l’imbarazzo. Ancora stasera reclamavano l’intervento del Cavaliere, come quei bambinetti dispettosi e un po’ antipatici che accusano sempre il compagno più furbetto e vivace. Dovrebbero invece trarre le conseguenze di questa disfatta e rimettere il mandato.

Punto quinto. Dite e pensate quello che volete ma Lombardo ha fatto la figura dello statista, di quello vero. Ha rimescolato le carte, pescato un paio di jolly, bluffato per qualche settimana, poi ha calato il poker d’assi. Non importa se abbia barato o meno, la giunta plasmata a sua immagine e somiglianza è un capolavoro politico che merita l’applauso. E che dire del colpo di scena del secondo Russo assessore? In un colpo solo si è messo dentro uno dei burocrati più giovani e apprezzati, liberando di fatto il posto più ambito della burocrazia, quello di segretario generale della Regione. Vedrete oggi chi ci metterà su quella poltrona. E i conti, per Lombardo, torneranno alla grande.

Punto sesto. Piaccia o non piaccia, il dato è tratto. Per dimostrare che i primi quattro punti sono carta straccia a Lombardo e ai suoi prodi non resta che una sola strada: pigiare forte sull’acceleratore e rispondere con i fatti alle critiche. A partire dallo sblocco della spesa, ancora impantanata nell’esercizio provvisorio, e poi le riforme della pubblica amministrazione e quella dei rifiuti, la vertenza Fiat, l’attuazione della riforma della Sanità. Nodi cruciali per non parlare di sviluppo soltanto nei convegni. Da oggi non ci sono più alibi, caro presidente. E non la prenda come una minaccia.

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