Da scuola d'élite all'abbandono| Viaggio al Don Bosco Sampolo - Live Sicilia

Da scuola d’élite all’abbandono| Viaggio al Don Bosco Sampolo

L'ingresso del Don Bosco in via Sampolo

La storica sede della scuola dei salesiani da qualche anno è dell'Inps, che la metterà in vendita.

PALERMO – Davanti alla cancellata di via Sampolo giace un cumulo di rifiuti, il cartello del passo carrabile è sporco e strappato e a malapena si riesce a vedere, da lontano, il prospetto dell’edificio principale. Lo splendido viale di palme, una volta gettonatissimo dalle coppie di sposini che lo attraversavano per giungere alla chiesa, assomiglia ormai a una piccola foresta con l’erba alta, i fiori secchi e le aiuole poco curate.

Ecco quello che resta della storica sede del “Don Bosco” di Palermo, la scuola fondata dai salesiani all’inizio del Novecento e che fino al 1987 ha ospitato le classi delle scuole medie e il ginnasio: un migliaio di giovani ogni anno qui studiava, praticava vari sport, mangiava e, nel caso del convitto, dormiva perché in via Sampolo non c’erano solo i palermitani ma anche tantissimi studenti provenienti dalle province di Agrigento, Trapani e Caltanissetta. Una fucina di talenti, aperta a tutte le fasce sociali, che ha plasmato generazioni di giovani e futuri professionisti, medici, politici, avvocati, presidi, magistrati, dirigenti della Pubblica amministrazione, giornalisti ma aperta anche ai ragazzi del quartiere che frequentavano l’oratorio. Giovani poi balzati agli onori delle cronache come il giudice Antonio Balsamo, l’avvocato Enzo Fragalà, l’ex Procuratore Francesco Messineo, i professori Giusto Monaco e Nicola Bonacasa, Nino Barraco, la famiglia Alessi, il sindaco Nello Martellucci, il servo di Dio Antonino Petyx ma anche Marcello Dell’Utri e Totò Cuffaro.

Oggi però, di quel passato glorioso, resta ben poco e il nuovo proprietario, l’Inps, che dal 2011 ha inglobato l’Inpdap (la cassa previdenziale dei dipendenti pubblici) e i suoi beni, fra cui per l’appunto l’area da 5.400 metri quadrati di via Sampolo, della scuola e dei suoi campi sportivi non sa cosa farsene tanto da volerli vendere. “Provo una grande tristezza – commenta il direttore del Ranchibile, don Carmelo Umana – parliamo di una risorsa che non ha soltanto un passato glorioso ma che potrebbe avere un grande futuro, avveniristico, se fosse utilizzata bene”.

Una storia, quella del don Bosco, in realtà assai più travagliata di quanto non si possa immaginare. A fondare l’istituto, nel 1902, è stato don Garlaschi che da Torino arrivò in Sicilia e, oltre alla scuola, edificò anche una chiesa, un refettorio e i campi sportivi. Una realtà che conquistò da subito i palermitani e che nel Dopoguerra diventò sempre di più un punto di riferimento per le classi sociali emergenti, con la parrocchia a servizio del rione, in una città sempre più in espansione. Nel 1962, però, i salesiani decisero di puntare ancora più in alto commettendo un imperdonabile passo falso. “Gli anni Sessanta erano un momento di grande cambiamento per Palermo e i salesiani guardavano al futuro – spiega don Carmelo – il Ranchibile era sorto come una espansione del Sampolo e i salesiani immaginavano di poter ripensare la propria presenza in città cambiando sede, nell’area di villa Lampedusa, vicino la Palazzina Cinese”. Un progetto talmente ben avviato da spingere l’Ordine a vendere il Sampolo agli istituti di previdenza, commettendo però un fatale errore visto che l’acquisto del nuovo terreno non era stato ancora perfezionato. “I salesiani volevano costruire qualcosa di più moderno – prosegue il direttore del Ranchibile – ma l’acquisto della nuova area non si è mai perfezionato, mentre la vendita del Sampolo sì. Così siamo rimasti in affitto in via Sampolo fino al 1987, quando abbiamo capito che il trasferimento non si sarebbe mai concretizzato”.

L’istituto di via Sampolo, da allora, inizia un lento declino. Nel 1994 il proprietario diventa ufficialmente l’Inpdap che prova a vendere l’istituto, a eccezione della chiesa e della sacrestia che restano ai salesiani che continuano a operare nel quartiere a servizio della parrocchia locale. Alla fine degli anni Novanta c’è anche un tentativo di vendita che però non va definitivamente in porto, poi una querelle con una associazione accusata di operare abusivamente e infine lo sfratto. Dal 2010 i locali sono vuoti.

“Sono sorti dei problemi di natura giuridica, legati ad alcune particelle catastali – spiegano dall’Istituto nazionale di previdenza sociale – che oggi stiamo provando a risolvere”. L’obiettivo è ancora quello di vendere, anche se l’impresa non sarà per niente facile: il complesso, compresa l’area verde, è sottoposto a vincoli della Sovrintendenza e ha una specifica destinazione d’uso. L’Inps potrebbe inserire l’immobile in un piano nazionale di dismissioni o trasferirlo in un fondo immobiliare, a eccezione della chiesa e della sacrestia. “A giorni partirà un progetto di manutenzione straordinaria del verde per un importo di 80 mila euro – dicono dall’Inps – mentre si sta preparando un altro intervento da 20 mila euro sugli edifici”. Quel che è certo è che in via Sampolo, chissà per quanto tempo, non si vedranno più i ragazzi studiare, giocare e crescere, ma solo edifici abbandonati a se stessi e tristemente vuoti.


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