"Traditore nelle carni"| Dainotti e la collera del boss - Live Sicilia

“Traditore nelle carni”| Dainotti e la collera del boss

Il luogo dell'omicidio

Giovanni Di Giacomo lo aveva condannato a morte già tre anni fa.

Mafia, Palermo
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PALERMO – “Gano di Magonza” e “traditore nella carni”. Giovanni Di Giacomo aveva una considerazione pessima di Giuseppe Dainotti. E così incaricò il fratello Giuseppe di eliminarlo. A distanza di tre anni e mezzo dalle parole intercettate sono morti entrambi. Giuseppe Di Giacomo, assassinato nel 2014, e Dainotti ucciso stamani mentre stava andando a lavorare. Lo hanno freddato in via D’Ossuna mentre si recava in bicicletta nel bar di famiglia in corso Alberto Amedeo. Gli hanno sparato diversi colpi, non si sa ancora quanti, che lo hanno raggiunto al corpo e alla testa.

Quando si seppe che Dainotti sarebbe uscito dal carcere Giovanni Di Giacomo disse al fratello di stare in guardia perché l’anziano boss avrebbe fatto di tutto per spodestarlo. Anche perché lo definiva “assetato di soldi” visto che aveva subito il sequestro del suo patrimonio: “… sarebbe per me… una sconfitta di vita…se questo ora s’assietta… però siccome ha il carbone bagnato ora dobbiamo vedere di farlo subito… oppure farlo scomparire…hai capito come?… appena questo esce …ha le corna malate … parenti non pareni…”. Il riferimento era al nipote di Dainotti, Tommaso Lo Presti, uomo fotte nel mandamento di Porta Nuova.  

Perché tanta acredine? Giovanni Di Giacomo riteneva che Dainotti, “indegno e traditore” avesse parlato male di lui con il boss Salvatore Cancemi, tanto che Cancemi lo aveva invitato ad un appuntamento con la morte. Era una trappola per ucciderlo. Solo che Giovanni Di Giacomo ero stato avvertito: “… un giorno mi viene a portare un appuntamento… io mi ero litigato con Cancemi… mi volevano affogare a me…”.

E così DI Giacomo sognava da tempo la vendetta. Quando era pronto a metterla in atto prima fu assassinato il fratello e poi i carabinieri del Nucleo investigativo di Palermo fermarono la sua violenta reazione. Dainotti scampò alla morte. Di Giacomo a lui si riferiva chiamandolo “Gano di Magonza”, il traditore della “Chanson de Roland” che successivamente Dante Alighieri piazzò nel girone infernale dei traditori della patria. Fu Gano di Magonza a tradire i cavalieri svelando ai saraceni il modo per tendere una trappola alla retroguardia franca di ritorno dalla Spagna.

I Di Giacomo, però, hanno perso potere in Cosa nostra. Giuseppe assassinato, Giovanni all’ergastolo e il terzo fratello, Marcello, pure lui in carcere. Per trovare una chiave del nuovo omicidio di mafia si guarda non solo al passato, ma anche al presente di Dainotti. E cioè al periodo successivo alla sua scarcerazione.


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