PALERMO– “Vi è la prova che Antonio D’Alì ha intrattenuto relazioni con l’associazione mafiosa fino agli anni ’90, e che ne abbia con certezza ricevuto l’appoggio elettorale in occasione delle prime consultazioni alle quali si è candidato, ossia quelle dell’anno 1994”. E’ uno dei passaggi delle motivazioni della sentenza con la quale, a settembre scorso, il gup di Palermo ha dichiarato prescritte le accuse di concorso esterno in associazione mafiosa contestate, fino al ’94, all’ex sottosegretario all’Interno di Fi Antonio D’Alì. Per le condotte successive, invece, il giudice ha assolto l’imputato con la formula perché il fatto non sussiste. La sentenza, di oltre 700 pagine, è stata depositata ieri. Il politico trapanese era accusato di avere avuto per anni rapporti con le cosche e di avere ricevuto il sostegno elettorale dei boss. Secondo l’accusa, rappresentata dal pm Paolo Guido, avrebbe anche pilotato appalti pubblici, facendoli assegnare a imprese in odore di mafia. La procura chiese l’archiviazione dell’indagine, ma il gip Antonella Consiglio ordinò nuovi approfondimenti al termine delle quali i pm chiesero il rinvio a giudizio dell’ex senatore. I magistrati avevano chiesto la condanna di D’Alì a 7 anni e 4 mesi.
A riscontro della sua affermazione il gup cita, tra l’altro, le parole del pentito Tullio Cannella, definito “pienamente attendibile”. Cannella – scrive il giudice – “ha espressamente affermato che Vincenzo Virga (boss trapanese ndr) aveva dapprima indicato Antonio D’Alì tra le persone da coinvolgere nella nascita di Sicilia Libera, ossia del partito mediante il quale Cosa Nostra avrebbe inteso ottenere diretta rappresentanza politica, per la tutela dei propri interessi senza mediazione con i partiti tradizionali, e che avrebbe dovuto operare per il tramite di personaggi puliti (come sarebbe apparso l’imputato, mai entrato in politica e portatore agli occhi esterni della propria esperienza imprenditoriale di banchiere), di fiducia, ossia che si prestassero ad agire nell’interesse dell’organizzazione”. “Nonostante Cannella abbia riferito di non aver incontrato D’Alì – prosegue la sentenza – quest’ultimo ricevette l’investitura da Vincenzo Virga nel corso di una riunione indetta ad hoc, cui partecipò pure Giuseppa Marceca (altro uomo d’onore ndr), che in effetti si occupò del progetto fintantoché il sodalizio non decise di convogliare i propri voti verso Forza Italia”.
“La verità è che il senatore Antonio D’Alì è stato assolto. Non ha commesso ciò che gli veniva contestato ed è quindi stato giustamente assolto perché il fatto non sussiste, ogni altra considerazione è gossip”. Lo dichiarano in una nota Stefano Pellegrino e Gino Bosco, legali del senatore del Nuovo Centrodestra, Antonio D’Alì.
(Fonte ANSA)